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Claudio Lo Tufo Immagini che frastagliano la mente, come in un gioco di foto sovrapposte.

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Dopolo splendido "Blues dell'anima rossa" il nuovo volume di Alberici indaga nella modernità partendo dai colori scuri, dai vizi che la rendono surreale e povera. Le parole si susseguono a volte come pietre scagliate con ferocia, altre volte con un timido distacco. E così basta sussurrare alcuni versi di "Meee": «Sono nato e cresciuto/in una generazione/senza storia né miti» «dovuto imparare tutto/nella mia solita maniera/intensa violenta/stancante seriosa» per sentire il desiderio dell'autore di raccontare di sé. Alberici si scontra senza troppi sofismi con il suo mondo, tra metaforici treni dai sedili non numerati, letti sciupati e le strade di un «paese senza accordatura». Note stonate di un mondo stonato che ha trovato in Alberici un nuovo cantore. Capace di dare armonia agli spigoli di questo strano mondo.

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