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Il bello del testamento

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diLIDIA LOMBARDI «Mercoledì, 18 luglio 2001 - ore 1.40 del mattino. Giunto al termine della sua lunga e tormentata esistenza Indro Montanelli - giornalista - Fucecchio 1909, Milano 2001 - prende congedo dai suoi lettori ringraziandoli dell'affetto e della fedeltà con cui lo hanno seguito. Le sue cremate ceneri siano raccolte in un'urna fissata alla base, ma non murata, sopra il loculo di sua madre Maddalena nella modesta cappella di Fucecchio. Non sono gradite né cerimonie religiose, né commemorazioni civili». Il necrologio Indro Montanelli se lo scrisse da sé. Quattro giorni prima dell'addio al mondo, avvenuto nella clinica milanese La Madonnina. La stessa nella quale si era spento Dino Buzzati, storica firma de «Il Corriere della Sera». E fu proprio il quotidiano di via Solferino a pubblicare l'autonecrologio del suo più grande giornalista, tornato dopo l'addio a «Il Giornale» e a Berlusconi. «Chissà che sfilza di coccodrilli scriveranno su di me», aveva confidato al direttore, Ferruccio De Bortoli. Che della breve commemorazione fai-da-te disse: «É un'epigrafe straordinaria». Le volontà finali. L'ora più autentica. Il commiato. Documenti gravi, tragici, urli nel buio, le volontà testamentarie. Ma anche talvolta esilaranti nella loro sincerità. Un libro ne parla come un romanzo e come un saggio giuridico e sociale. È «Sia fatta la mia volontà», lo firma Salvatore De Matteis, a lungo sovrintendente dell'Archivio Notarile di Napoli. Mischia la sagacia e lo sberleffo partenopeo con la competenza della materia. E raccontando quel che seguì alla morte di don Borì - storico farmacista abituato a riunirsi in «barberia» con un pugno di fedeli amici - dà consigli su come fare testamento e pubblica una serie di curiosissimi lasciti. De Matteis dà un consiglio: il miglior testamento è quello olografo, scritto direttamente e in segreto dal futuro de cuius. È qui che sfoghi, affetti, ricordi, disposizioni sull'eredità si manifestano nella totale libertà. Davanti a un notaio, invece, e alla presenza di due testimoni, l'epilogo con la vita diventa freddo, reticente, farcito di formule giuridiche. Nel testamento olografo poi, spiega l'autore, si può cambiare idea fino all'ultimo respiro, aggiungendo una postilla, il «codicillo». I medesimi aggiustamenti nel testamento pubblico richiedono il ricorso dal notaio. E ripensarci spesso costa salato. Affascina poi il valore letterario del testamento olografo. I lacerti di vita che svela. Così De Matteis ne inserisce un'antologia. C'è l'accorto personaggio di Casaldiprincipe che annuncia di aver arredato il suo loculo e dispone: «Voglio che il mio erede mi mantiene sempre la luce eterna, ho fatto un impianto elettrico che non sta solo accesa fuori dalla parte della gente che passa, ma dentro dove sto io e che più mi serve». C'è la zitella catanese che lascia tutto a tale Torino «non perché sia il migliore tra i nipoti, ma perché è il peggiore. È il più avido tra voi e questo significa che non se le godrà, ma le curerà e le conserverà...Ma la cosa che vi faccio di cuore è questa, una pernacchia». E un altro impone agli eredi di lasciare la sua casa così com'è «perché quando resuscito voglio ritrovare tutto». La morte qui si manifesta come estremo attaccamento alla vita. Indro Montanelli era invece attaccato alla propria lucidità. «Una morte dignitosa è un diritto di libertà - diceva negli ultimi tempi, anche parlando a Radio Radicale - Io sono per il diritto dell'uomo di scegliere il come e il quando della propria morte». Pensò anche a difendere le ultime volontà di Carlo Emilio Gadda, litigando con Rutelli. Per Montanelli le ossa del Gran Lombardo dovevano riposare a Milano, non nel cimitero Acattolico di Roma. L'allora sindaco capitolino obiettava che quelle erano le ultime volontà dell'autore del «Pasticciaccio». E il giornalista replicava: «Balle, ero legato a Gadda, non mi ha mai fatto confidenze del genere». Rincarava la dose il nipote dello scrittore: «Detestava Roma e alla fine parlava solo di Milano». Un giallo. E una querelle, ma senza botte da orbi. Come invece se le sono date innumerevoli eredi eccellenti. Da quelli dell'avvocato Agnelli, con la figlia Margherita contro la madre, alle donne - sorella e ultima moglie - di Carmelo Bene. Dai discendenti di Guttuso a quelli di Carlo Caracciolo. Rivendicazioni di figli adottivi e illegittimi. Tempeste legali. Ma il de cuius si tira fuori.

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