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Ma il Palazzo si preoccupi delle pensioni sanguisughe

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Nongli bastano per pagarsi la camera in subaffitto. Eppure mangia alla mensa dei poveri. Sicché la padrona di casa lo vuole cacciare, anche se lui si è venduto l'orologio per darle, in acconto del dovuto, 3 mila lire. Insieme con altri pensionati prova a protestare in piazza. Issa il cartello: «Aumentate le pensioni, abbiamo lavorato tutta la vita». Li spernacchiano con i clascon le vetture di passaggio. La storia è del '52, si svolge in una Roma polverosa, dove spuntano i palazzoni. È «Umberto D», il film di Vittorio De Sica inserito dal Time tra i migliori cento del mondo. Quando uscì non piacque ai politici e ai benpensanti. Dava un'immagine disfattista dell'Italietta che voleva rimontare. Sessant'anni sono passati, ma le pensioni da fame esistono ancora. Però una differenza c'è: i vitalizi sfacciati, quelli da tremila euro. Al giorno, non al mese. E quelli doppi, tripli, quadrupli. E quelli baby. E quelli ai mafiosi, ai criminali di guerra. Mario Giordano, direttore di News Mediaset dopo aver diretto «Il Giornale», ha appioppato l'appellativo di «Sanguisughe» ai pensionati d'oro. È il titolo del suo nuovo libro. Un volume tutto cifre e situazioni inedite che fa venire il mal di fegato, dice Giordano. Che si è spulciato elenchi ed elenchi dell'Inps. E ha trovato che una donna piemontese lo scorso 29 luglio ha ricevuto meno di un euro. «Quando uno Stato si accanisce su una pensione minima di 402 euro e la riduce all'insulto di 0,78 centesimi mentre lascia inalterati i supervitalizi dei parlamentari o gli assegni regalati a qualche burocrate d'oro, ebbene noi non possiamo far finta di niente», chiosa Giordano. Vediamo come succhia il sangue il Palazzo. Giuliano Amato, che da premier nel 1992 tuonò «non si può andare avanti così, serve la riforma delle pensioni» introita 1047 euro al giorno. Fa lo stesso il «tagliapensioni» (degli altri), Lamberto Dini. Ha dato il nome alla più severa riforma del settore ma nel 1994, poco prima di vararla, si è assicurato due assegni, pari ora a 25 mila euro ogni 30 giorni. Ma già, questi sono riformisti, liberisti. Il fatto è che anche i duri e puri non si fanno scrupoli sullo stipendio a vita. Ecco un campione, Cossutta, l'uomo una volta di Mosca. Grazie a una «leggina» creata apposta per sindacalisti e dirigenti di partito, il compagno Armando ha ottenuto, fin da quando aveva 54 anni, un mensile Inps senza mai aver versato contributi. Dal 2008 gli toccano poi i 9604 euro mensili per essere stato parlamentare. «Strano destino, il suo - commenta Giordano - ha passato una vita a lottare contro i lussi dei padroni, e finisce con una vecchiaia da padrone dei lussi». Quello dei contributi figurativi è il meccanismo che ha gratificato il più ricco pensionato Inps. Si chiama Mauro Sentinelli, riceve per sempre 90.246 euro al mese, che aggiunge agli emolumenti per altri due importanti incarichi. Una vita passata nella telefonia, prima Sip, poi Tim infine Telecom. Ha coronato la carriera come direttore generale, ha inventato il prepagato Tim Card. Eppure non aveva, quand'era in servizio, lo stipendio più alto. Allora, come ha fatto a maturare il diritto a ricevere 3008 euro al dì? C'è riuscito per l'artifizio che permetteva al fondo pensione dei telefonici di non dare un tetto al vitalizio. Storia italiane. Il bello è che tutto è perfettamente legale, frutto di disposizioni che rendono gli uni diversi dagli altri. Così c'è la bidella pensionata a 29 anni mentre chi 29 anni ce l'ha adesso non sa se potrà mai averla, una pensione. L'ultimo graffio di «Sanguisughe» incide la pelle della nostra storia del secondo Novecento. Ha fatto domanda di pensione Renato Curcio, il fondatore delle Br. L'Inps gli ha risposto picche, troppo pochi i versamenti. Commenta Giordano: «Che vecchiaia triste, questo Curcio: voleva portare l'attacco al cuore dello Stato, adesso al massimo vuole portare i bollettini allo sportello previdenziale».

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