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di MASSIMILIANO LENZI «I 10 motivi per cui vale la pena di vivere.

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Frai valori e i piaceri, la parola ai lettori: ogni settimana lo scrittore sceglierà le cinque liste più significative. Per capire come sta l'Italia». L'iniziativa di Repubblica sta lì, nella parte bassa del sito online, sotto il viavai incessante delle news quotidiane sovrastate dai fatti di Libia e del Giappone. Quando la leggiamo ci stropicciamo gli occhi per vedere meglio: sì, perché il decathlon valoriale di massa tra i lettori - ieri mattina poco dopo mezzogiorno c'erano già 3.500 messaggi con annessi decaloghi - ha più del quiz e della soap, che dell'impegno civile. Del quiz perché l'elenco delle cose, da sempre, fa parte - fatto salvo Mosè, buonanima - più del bagaglio di Mike Bongiorno e della sua tv da «sogni nel cassetto» che di un quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. E della soap perché, nella serialità delle scelte ogni settimana, si ritrova un meccanismo di ripetizione che assomiglia parecchio alla logica della prossima puntata. Ieri scartabellando tra i messaggi già arrivati si leggevano - nella passione elencatoria dei Repubblicani - i motivi più disparati: «le melanzane alla parmigiana della mamma», «O' napule», «la doccia bollente», «ascoltare musica», «una giornata di sole» e mille, mille e mille altri ancora. Pensieri e parole. Sarà per questo che il nostro ricordo è andato alla maestra delle elementari che, anni fa, ci dettava i temi per il pensierino in italiano: scrivete, con vostre parole, le dieci cose che vi piacerebbe fare nella vita. Io scrivevo delle bischerate, tipo mangiare sempre la cioccolata e fare un sacco di gite. Sono passati un po' di anni e così, in questo mettere in fila per numero, ci siamo detti: noi, che siamo stati simpatizzanti socialisti quando c'era Craxi, che non siamo antiberlusconiani, che non andiamo alla messa, che siamo cresciuti in Toscana, tra Firenze e Viareggio, in quel crogiuolo di anarchia, vino e bestemmie, per cui vale la pena di vivere anche se non si è perfetti, se non si è sempre indignati, se non si è convintissimi della verità assoluta pur essendo onesti, beh noi dieci cose per vivere dobbiamo scriverle (magari senza mandarle a Repubblica), lo dobbiamo alla maestra delle elementari e al nostro essere "troppo umani". 1) La donna mobile. 2) Noi, che siamo mobilieri. 3) Il mondo che è tondo e chi non sta a galla va a fondo. 4) Il dubbio che… meglio un bel processo che un bel funerale. 5) La supercazzola con scappellamento. A destra e pure a sinistra. 6) Totò, Peppino, gli Amici Miei di Monicelli, Dino Risi, Gassman, Tognazzi, Sordi e pure… la malafemmena. 7) La presunzione d'innocenza fino a prova contraria. 8) «Quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia» di Lorenzo il Magnifico. 9) Il vino, ma quello buono ché la vita è troppo corta per bere vinacci. 10) La concupiscenza ché quando ci sentiamo con Giovanni, amico dai tempi Liceo, ci girano le scatole perché il tempo scorre via ma poi basta incrociare lo sguardo di una bella ragazza di vent'anni e chissenfrega del tempo. Ha scritto Roberto Saviano nel suo ultimo libro, Vieni via con me: «Se il tuo mestiere è scrivere, fare televisione è come cercare di respirare sott'acqua. Non puoi farlo perché non hai le branchie». Anche fare decaloghi, però, non è mica una passeggiata.

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