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Tamara regina del moderno

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diDINA D'ISA Fascino e stravaganza, capacità di comunicare il suo linguaggio artistico, insieme a una personalità complessa e determinata, hanno reso Tamara de Lempicka (1898 - 1980) un'artista internazionale e moderna, la più nota e apprezzata del periodo Déco. Un'artista abituata a mescolare linguaggi figurativi di varie correnti e radici, dal cubo-futurismo russo e francese al «ritorno all'ordine» italiano, dal realismo magico tedesco al realismo polacco. Una Babele di elementi rielaborati fino a creare una lingua nuova dai caratteri accattivanti, decorativi, internazionali e moderni che nascevano dalla commistione di arti diverse, fotografia di moda, manifesti pubblicitari e cinema. La sua storia inizia in una grigia Varsavia - dove è nata - ma la sua seconda patria diventa la Russia, da dove fugge poco dopo la Rivoluzione per andare a Parigi. Legata agli ambienti aristocratici di San Pietroburgo e alla famiglia imperiale Tamara vive le due rivoluzioni russe (quella della Storia e quella artistica delle avanguardie cubo-futuriste), partecipando ai balli in mashera delle casate nobiliari. Ma è la grandeur parigina che le restituirà giustizia. Proprio nella capitale francese comincerà a immortalare molti personaggi, ormai icone degli anni Venti: dal principe Eristoff a Gabriel Constantinovic. I suoi quadri apparivano nei Salon mentre lei frequentava gli studi di Maurice Denis e André Lhote, che influenzeranno molto la sua arte, per il gusto dei colori e l'armonia dei corpi ritratti. Ma la prima personale della Lempicka avviene a Milano (1925) nella galleria Bottega di Poesia del conte Emanuele Castelbarco. Il suo repertorio oscilla tra antico e moderno, con citazioni alla statuaria romana, al Rinascimento fiorentino e veneto (soprattutto a Botticelli, Michelangelo e Carpaccio), però sempre attualizzate con rimandi alla moda e al cinema. In una commistione tra cultura alta e popolare. La sua arte da oggi (e fino al 10 luglio) è in mostra al Complesso del Vittoriano per una mostra (realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia) che con 120 opere da tutto il mondo (alcune delle quali per la prima volta in Italia) rilancia l'opera della Lempicka. E mette al centro la sua formazione classica, l'amore per l'Italia, che - come ha rivelato la nipote Vittoria - «era per lei il luogo del cuore». «Tamara de Lempicka. La regina del moderno» è stata curata da Gioia Mori, da oltre vent'anni alle prese con l'arte dell'artista polacca. La selezione di 120 opere, tra disegni e dipinti, ha cercato di spogliare la figura di Tamara legata alle vicende personali, che, tra scandalo e provocazione hanno in parte offuscato la sua arte. Ecco, in mostra, i suoi corpi scolpiti, i volumi plastici dei nudi, (soprattutto nella parete in cui si susseguono i ritratti dell'avvenente amante Raphaela). Fino alla sua evoluzione stilistica (già dai primi anni Venti) dopo l'incontro con Picasso e il Futurismo e grazie alla vicinanza a Marinetti e Prampolini. La mostra fa rivedere lo straordinario «Portrait de Madame P.», che si credeva perduto ed è invece riemerso dopo ricerche in collezioni di mezzo mondo. Fioccano gli aneddoti, come la storia del ritratto di D'Annunzio, poi diventato materia di uno spettacolo a Hollywood. O come quel pranzo a Torcello con Peggy Guggehheim, dove Tamara diceva di aver mangiato il miglior piatto di tagliatelle della sua vita. Con dipinti, disegni, fotografie e due filmati degli anni Trenta, anche i documenti che attestano il rapporto che Lempicka ebbe con Prampolini a Parigi. Oltre all'intervista fatta all'artista da Francesco Monarchi, firmatario del Manifesto Futurista del Cappello Italiano, in visita presso lo studio di Tamara con Prampolini. In mostra pure il «Portrait du marquis Sommi» (1925) musicista futurista che in quegli anni lavorava con Prampolini. Il percorso (raccontato da un filmato di Isabel Russinova) si snoda dagli esordi al 1957, anno in cui venne ospitata a Roma una sua personale alla galleria Sagittarius.

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