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Ma «Il Grinta» con Jeff Bridges meritava di vincere qualcosa

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"Ildiscorso del Re", da ogni punto di vista, era di certo il miglior film americano del 2010. Per quel contrasto fra un Re affetto da balbuzie (Giorgio VI d'Inghilterra) e il suo insegnante australiano di dizione. Prima un po' ruvido e ostico, (l'australiano, digiuno di etichetta, anziché dire al Re "Maestà", lo chiama "Bertie", come i suoi familiari), in seguito sempre più aperto e comprensivo, fino al riconoscimento reciproco dei meriti e delle qualità di entrambi. Enunciato da un testo (egualmente premiato) che quel contrasto segue fin dall'inizio con modi attenti e fini, esaltati da una regia (altro Oscar) che attorno ai due, e a quanti li circondano, evoca climi sottili, spesso impalpabili, accettando con misura, nel finale, il necessario momento di emozione, quando il Re, grazie al suo insegnante, riuscirà a pronunciare spedito e addirittura disinvolto quel discorso storico che annuncerà all'Inghilterra la discesa in campo contro le sopraffazioni di Hitler, la pagina n.1 della Seconda Guerra Mondiale. Al centro, un altro merito non certo secondario, l'interpretazione, anche quella premiata, di Colin Firth per il personaggio di Giorgio VI: tenuta sempre nei limiti di una meditata discrezione, anche nei pochi scatti d'ira che qua e là vi esplodono: all'insegna di una umanità sommessa che sa sempre coniugarsi, ma con accenti riservati, con il presupposto della regalità. Eguali consensi possono attribuirsi, anche agli Oscar assegnati a quei film facilmente adesso valutabili perché già visti nelle nostre sale. Quello, ad esempio, all'intensissima Natalie Portman, protagonista de "Il cigno nero", quello per la miglior sceneggiatura non originale a "The Social Network", dedicata da Aaron Sorkin alla parabola di Facebook e, come si ricorda, tanto apprezzata e festeggiata al Festival di Roma, e quello per il miglior film straniero al danese "In a Better World" di Susanne Bier, già proposto anche quello al Festival di Roma. Un solo, piccolo dispiacere. Il silenzio su "Il grinta". Non tanto per il film in sé, ma perché firmato da Joel e Ethan Coen, due fra gli autori più "autori" di cui possa oggi vantarsi il cinema americano.

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