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di ANDREA GAGLIARDUCCI Pochi hanno l'opportunità di salire alla seconda loggia del Palazzo Apostolico Vaticano, che sarebbe poi il secondo piano.

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Èin quelle stanze, definite "Stanze Nuove", che hanno sede gli Uffici di Giuridica e di Statistica del Vaticano. Ma che sono state anche sede dell'appartamento di Jean Marie Villot, segretario di Stato di Paolo VI e poi Camerlengo di Santa Romana Chiesa fino alla sua morte, avvenuta in Vaticano il 9 marzo del 1979. E prima ancora, nate come appartamento privato di Giulio III, furono utilizzati dai Papi fino all'epoca di Pio XI. Sono stanze dove non passa mai nessun visitatore. Ma piene - come tutto il Vaticano - di tesori artistici. Oltretutto, le botteghe che misero mano agli affreschi furono coordinate da Michelangelo. Per la prima volta un libro, "Le Stanze Nuove del Belvedere" (Libreria Editrice Vaticana) ci mostra gli ambienti commissionati da Giulio III. Lo fa attraverso un ricco patrimonio iconografico e con gli studi di quattro giovani (Flaminia Enea, Alessandro Lusana, Patrizia Papini e Antonio Cataldi), coordinati da Vincenzo Francia. Eletto al soglio Pontificio nel 1550, in cinque anni Giulio III diede a Roma un impulso artistico senza pari. Si deve a lui la nomina di Giovanni Pierluigi da Palestrina come direttore del Coro della Cappella Sistina. Si devono a lui Villa Giulia ai Parioli e il suo magnifico Linceo, oggi sede del Museo Nazionale di Arte Etrusca. E si devono a lui le Stanze Nuove, destinate a diventare un suo appartamento privato. Michelangelo sovrintendeva i lavori. Era stato confermato direttore della Fabbrica di San Pietro, e per tutto il pontificato di Giulio III ne fu anche il consigliere edilizio ed architettonico. A lavorare al cantiere delle Stanze Nuove arrivano Girolamo da Carpi, e forse Nanni di Baccio Bigio, e poi Giorgio Vasari che affresca una Chiamata di Pietro ed Andrea (oggi nella Badia di Santa Flora e Lucilla ad Arezzo) e tanti altri, come si vede dalla lista dei pagamenti effettuati tra il 1550 e il 1555 dalle "Fabbriche" vaticane. Nelle stanze si alternano i fregi michelangioleschi con 130 puttini, che incorniciano la scritta «Iulius III Pontifex Opti Max», e le visioni mitico-allegoriche dei sette colli di Roma che riprendono (in maniera ancora più simbolica) le decorazioni di Villa Giulia, come l'immagine della Fede, ritratta come una donna vestita di bianco, ma con un manto rosso, ad indicare forse l'Amore, quasi a contrastare quel protestante "sola fides" con un cattolico richiamo alla Carità. Nelle stanze si respira Rinascimento ovunque, anche tra i mobili. E si può notare anche il passaggio dal papato di Giulio III a Urbano VIII, che continua l'opera di decorazione delle Stanze Nuove. Che si arricchiscono così di festoni di Pietro Paolo Bonzi, il Gobbo dei Carracci, e di medaglioni con i momenti più significativi del pontificato, con le immagini di Roma, della Basilica di San Pietro e della famosa Girandola di Castel Sant'Angelo e i giochi pirotecnici che resero la corte papale famosa nel Rinascimento. E infine la Sala Carlo Magno: il solenne ingresso a Roma dell'imperatore il solenne ingresso a Roma dell'imperatore viene immaginato in una basilica di San Pietro con tanto di cupola già completata.

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