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di ROBERTA MARESCI Che cosa hanno in comune la conduttrice televisiva Simona Ventura e la casalinga di Voghera? Entrambe vorrebbero fare shopping tutto il giorno e possedere qualcosa di unico.

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Invecele zie tirate in ballo dallo scrittore Alberto Arbasino si sono limitate a comprarsi una sola copia dei «I promessi sposi» col loro nome sulla copertina e, nel retro, una dedica speciale. Il motivo? La gente ha voglia di sentirsi unica. Anche quella che possiede un lavoro umile, finisce per cedere al pezzo personalizzato. È accaduto con «Ad personam», linea di libri lanciata da Mursia. Accade con canzoni, scarpe, bottiglie di vino, zerbini, preservativi e perfino francobolli su cui stampare la propria foto o quella di qualche parente. Come una giacca o un gioiello. Lo spunto dev'essere lo stesso che ha spinto qualcuno a presentarsi nella bottega di Lorenzo Villoresi per chiedere il profumo all'odore del mare, di pizza e perfino di stalla. E lui, maestro profumiere che tra i clienti vanta la famiglia reale o i Blair al completo, nella duecentesca Officina di Santa Maria Novella a Firenze l'ha realizzato. Ma solo dopo aver parlato col cliente, come fosse in una seduta psicoanalitica. Il prezzo? Dal migliaio di euro in su. Chi pensa sia una questione di lusso sfrenato, passatempo per pochi eletti o sogno irraggiungibile per la massa, è andato fuoripista. Si tratta di una tendenza. L'Ipsos l'aveva colta già tre anni fa, notando una nuova filosofia di consumo destinato a esplodere. Oggi ne sentiamo il rumore: "il ritornello non è più accumulare cose, ma possedere il meglio", ha spiegato al quotidiano Le Figaro Remy Oudghiri, direttore del dipartimento "Corporate and Trends" dell'istituto di ricerche. Intanto l'Istituto francese della Moda si chiede se non si stia assistendo alla morte annunciata del prêt-à-porter. Complice internet e le grandi marche, che offrono la possibilità di «cucirsi addosso» i prodotti. Nella patria del ready-to-wear, Parigi, Repetto personalizza le ballerine: si può scegliere tra 250 colori, profili e lacci. Jean-Paul Gautier incide il vostro nome sulla boccetta di profumo. Mentre sulle etichette dello Champagne Pommery vanno forte richieste di matrimoni o viaggi. E da noi? L'ultimo calco vero, quello in cui si imprimeva il nome del cliente, Dirce Stucchi l'ha dato via pochi giorni fa, nel suo negozio di scarpe a Milano. La giacca Boglioli, un capospalla Aspesi, un pantalone Incotex, la camicia Borrelli, gli evergreen di Ermenegildo Zegna e Brioni, vanno come il pane. Che la voglia di sartoria non conosca torpore l'ha capito pure Prada, che aggiunge frasi o simboli a scelta sugli occhiali. Idem per la maison Louis Vuitton che, a Napoli, ha risolto il problema dei falsi con «Mon Monogram»: 200 milioni di possibili combinazioni per farsi scrivere gratis, con pittura a mano o stampata a caldo, le proprie iniziali sulle storiche bande bicolori. Più selettivo Antonio Martino che nel suo atelier crea abiti esclusivi partendo dalla vostra lingerie: «Quante volte ci si innamora di un abito, ma addosso sta male? Io propongo alle mie donne di consegnarmi un bustino o un reggiseno che stia davvero bene così da trasformarlo in un abito da sera, una giacca, una camicetta». Gioca con i moduli Serena Giglio, abituata a trasformare sogni in gioielli. «La richiesta più stravagante? Me l'ha fatta una nobildonna partenopea: realizzarle un pendente con un antico piattino per il caffé in ceramica vietrese. All'inizio - ci racconta Giglio - temevo che il risultato sarebbe stato disastroso, invece ne è nata una creazione naif». C'è da dire che il prêt-à-porter pare superato anche in casa. Parola di Oreste Villani, interior design abituato a esaudire richieste fuori dalle righe: «Anche se la personalizzazione che mi ha reso più felice è stata quella di rivestire di formica le pareti delle camerette dei miei nipoti (per farli scrivere liberamente sui muri), la richiesta più singolare è stata quella di realizzare finestre su una parete cieca. In pratica è stato come se qualcuno mi chiedesse di chiudere un arco del Colosseo, per farci la cucina».

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