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Cucinotta mediterranea

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diDINA D'ISA Un anno speciale quello del 1964, soprattutto per un paesino sperduto della Basilicata, dove Salvatore, un ragazzino di 12 anni finisce in riformatorio per la sua divorante passione per il cinema. L'annuncio della vendita di un vecchio proiettore 16 mm fa nascere in Salvatore l'idea di creare un piccolo cinema. Ma, non avendo soldi, Salvatore acquista il proiettore sottraendo alle casse della locale sezione del Partito comunista i soldi raccolti dai militanti per inviare una delegazione ai funerali di Togliatti. La felicità dei ragazzi dura poco: il furto viene scoperto, le faccende degli adulti e le beghe politiche del paese s'infrangono contro il grande sogno del cinema. Questo la storia di «Un giorno della vita», film dell'esordiente Giuseppe Papasso, dal 14 gennaio nelle sale, con Alessandro Haber, Ernesto Mahieux, il piccolo Matteo Basso e una straordinaria Maria Grazia Cucinotta nei panni della bella mamma lucana. Cucinotta, che tipo di personaggio ha interpretato stavolta? «Ho sempre pensato che le vere femmine sono quelle degli anni Sessanta e io mi calo benissimo in queste donne, credo di avere una loro parte in me. Erano sensuali nel comportamento e nei modi, eleganti anche solo con una vestaglietta addosso, mentre oggi la donna entra troppo in competizione con l'uomo. Negli anni Sessanta vivevano il loro ruolo di madri e di mogli senza sentirsi per questo sminuite e sapendo tirar fuori al momento giusto la propria personalità per farsi valere». Invece oggi le donne cercano di imitare l'uomo? «Sì. E giocando a fare l'uomo perdono la propria femminilità, è una grande perdita. Certo, occorre continuare a lottare per la parità dei diritti, ma senza assomigliare agli uomini. Intanto restano forti le disparità: se vuoi essere una manager ad altissimo livello ti devi scordare della famiglia, questa è una grande perdita per la donna». La madre del film ha carattere, anche se il marito cerca di sottometterla... «Interpreto una mamma comprensiva e attenta al suo bambino, mentre mio marito è un contadino comunista che contrasta la passione del figlio. Ed è più frequente di quanto si pensi che i genitori reprimano le ambizioni dei figli. È un film per tutti in cui non si corre il rischio di dover tappare le orecchie alla propria figlia, come mi è capitato di recente, per evitare che ascoltino frasi inadatte per la loro età. È una favola sul cinema che ti fa vedere il mondo con gli occhi di un bambino. Ho accettato cachet più bassi del solito pur di realizzare questo gioiellino». Al cinema stanno per uscire altri due suoi film: il thriller «The Rite» di Hafstrom con Anthony Hopkins e il claustrofobico «Transgression».. «Hopkins nel film è un prete esorcista che istruisce a Roma un giovane collega americano: è stato fantastico lavorare con lui in una storia di esorcismi ispirati a fatti reali. Nel cast c'è una bravissima Marta Gastini, nel ruolo di mia nipote. Lo spagnolo "Transgression", di Alberich, con Carlos Bardem, fratello di Javier, racconta invece le vicende di una coppia che di notte nella loro villa isolata finisce prigioniera di due banditi, tra colpi di scena imprevedibili e suspense».

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