Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

«Bello tornare al dialetto romanesco»

default_image

  • a
  • a
  • a

Poliedricointerprete, Pandolfi ha inserito la musica nella sua carriera con una fortunata frequentazione dell'operetta e come narratore di partiture classiche. Accompagnato qui al piano da Marco Solastra, reciterà sonetti del Belli. Nostalgico della Roma sparita, l'attore pronuncia entusiasta le colorite espressioni dialettali che la ritraggono nella sua verità. Perché ha scelto Belli? L'idea è partita dall'Accademia Filarmonica Romana e da una proposta di Sandro Cappelletto. Non avevo mai letto questi sonetti in teatro. Sono nato a Roma e ho vissuto in centro in anni in cui si parlava ancora il romanesco. La simpatia per il Belli è iniziata quando da ragazzo andavo a lezione di francese a pochi passi dal suo monumento. I sonetti mi evocano i discorsi che ascoltavo da bambino. Com'era Roma allora? Paciosa. Anche se c'era la guerra. E' pur vero che quando si è giovani si pensa solo a studiare e ballare. Abitavo fra la Chiesa Nuova e Palazzo Braschi e tutto era immacolato, limpido, silenzioso. Conosco la città alla perfezione e ne sono innamorato. Basti pensare che ci lasciavano il latte davanti al portone e la bottiglia rimaneva lì, senza che nessuno la toccasse. C'erano poche macchine e poche persone. Cosa la infastidisce di più adesso? Ora abito in via Mario Fani e mi sento male per il traffico e il caos. Roma è una città perduta. Quali temi affronta nei sonetti che presenterà? La Chiesa, la Bibbbia, la piccola filosofia, i vizi e i difetti dei popolani, la verità nuda e sfacciata, affrontata con arguzia in una lingua viva come il dialetto. Certe frasi contro il clero sono uno spasso. Come titolo abbiamo scelto «Er lupo manaro», dedicato alla vicenda di un licantropo. Alcune parole sono difficili e devo fornire le adeguate spiegazioni al pubblico. Ha un sogno nel cassetto dopo una carriera così lunga? Purtroppo non sono adoperato bene in tv. Dopo 62 anni di professione vorrei un programma tutto mio e non solo essere intervistato quando muore un artista. Nell'85 Bolognini mi ha aiutato a tornare a galla in teatro e nell'operetta, mentre dal '90 mi hanno invitato Costanzo e Limiti, come ospite. Forse non sono nato per la casa madre Rai e parleranno di me solo da morto. Era pronta una trasmissione di Giancarlo Governi, poi misteriosamente saltata. Mi piacerebbe essere chiamato da Fazio. Che si augura per il 2011? Stare bene con la "capoccia", per dirla con Belli.

Dai blog