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di LIDIA LOMBARDI «Roberto ha visto le bozze, l'impaginato e poi mi ha detto: a Umbè, non si può fare di peggio.

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Micaride, Umberto Pizzi, il fotografo che ti fulmina mentre t'ingozzi tre mozzarelle al buffet «attovagliato» sulla terrazza chic. Sogghigna. Ha la smorfia di quello che ne ha viste tante, e meno male, ché servono al lavoro di paparazzo. Ma adesso sono troppe. Così grosse che nel suo obiettivo disincantato non entrano più. Eppure sono stipate nel nuovo libro a quattro mani, Umberto Pizzi e Roberto D'Agostino, che va in libreria dopodomani. Editore Mondadori, titolo «Ultra Cafonal - Il peggio di Dagospia». Il sequel di quel «Cafonal» uscito due anni fa col timbro del sito più cliccato d'Italia e che è ormai di culto. Pizzi, dove ha visto l'ultimo trash? Lo scorso week end, a Marrakesh. Un festone in un palazzo in mezzo al deserto. Una casa vinicola di Avellino ha presentato il calendario. Mille invitati, mille bottiglie di vino, 300 addetti al servizio. C'erano italiani, spagnoli, francesi. Il trionfo del cattivo gusto. Cafonal d'oltre confine. Proprio così. Infatti l'ho detto a D'Agostino. In Italia abbiamo raschiato il fondo, fuori c'è robba. Ci faremo il prossimo libro. Malattia contagiosa la burinaggine. È peggio di una malattia. Di quella si guarisce. Qui parliamo di un modus vivendi planetario. E dire che romano era sinonimo di cafonal. Macché. Io vado alle feste di ogni parte d'Italia. Venezia, Milano, Palermo. È tutto uno sbrodolamento. Palermo non è Milano. Ogni città ha il suo stile cafonal. Palermo è borbonica, Milano fighetta e industriale. Ma sempre kitsch è. La rissa politica ci mette il carico da quindici. Inevitabile. Quando va tutto a catafascio crollano l'autocontrollo e gli schemi. I problemi incalzano, idem il trash, un modo per dimenticare. Assegni l'Oscar della maleducazione 2010. Cafonal of the year è Umberto Bossi. Col gesto del medio alzato mentre arriva a una festa. Mi spiega che bisogno c'era? Vai a una serata, scortato, uno ti fa una foto e tu ti comporti così? Ha meritato la copertina del libro. Di fronte a quelli della Lega noi romani siamo dei signori. E loro gli Unni che scendono dalle montagne per occupare la città del Papa. Berlusconi fa la sua parte. Lui un giorno usa un comportamento, un giorno un altro. Si sa, è così, non ti puoi meravigliare. E allora, chi ha sparigliato? Per esempio Montezemolo. Non mi sarei mai aspettato che facesse la zuppetta con cornetto e cappuccino. C'ha perfino un buco nelle scarpe. Che poi sono le Tod's, quelle che fa il suo caro amico Della Valle. Bersani non sbaglia mai? Diciamo che non mi dice niente. Sempre col sigaro in bocca, spippetta. Nient'altro. Il carattere chi ce l'ha? Più che carattere, caratteraccio. Parlo di Fini. É il solo che s'incazza. Come quella volta che stava facendo la campagna elettorale. Allora, arriva con la Tulliani e io, zac, scatto. Lui: "Eccoli qua, questi rompicoglioni". Io incasso. E lui ci rifà, con la stessa parolaccia. Abbozzo ancora. Gianfry insiste, giù un'altra offesa. Allora reagisco: "Guardi, io sto qui per lavorare, certe uscite non le fanno onore"». Nei salotti romani come va? Se mi chiede chi è l'erede di Maria Angiolillo, dico Bruno Vespa. È the major, vanno tutti sulla sua terrazza a tre livelli, sopra piazza Mignanelli. La terza Camera dello Stato. E i Fantozzi chi sono? Le Fantozzi, piuttosto. Sono quelle che vogliono strafare o che se la tirano. Marina Cicogna, per esempio. Un party nella sua casa di Piazza Santi Apostoli con Rosy Greco. Non mi hanno fatto salire. E dove lo potevo trovare lo scatto buono, giù di sotto, con l'attricetta o la ex big, ora carampana? La scalinata di Maria Angiolillo era un'altra cosa. Scendevano i veri vip. E sembrava che ballassero. Tutti.

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