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«La tv che ho sempre sognato»

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diSIMONA CAPORILLI Federico Guiglia, classe 1959, è stato conosciuto dal grande pubblico perché al timone, con Lilli Gruber, di «Otto e mezzo». Ora torna nei panni del conduttore e da oggi sarà il volto di «Prossima fermata», (lunedì-venerdì su La7, dopo la mezzanotte). Federico Guiglia, di cosa parlerà la prima puntata di «Prossima fermata»? Ritengo che sia una buona partenza. Perché in studio ci sarà Francis Robert III Kennedy. Che è il nipote del senatore Bob ucciso a Los Angeles nel '68 e pronipote del Presidente ucciso a Dallas. Questo ragazzo è erede di una dinastia, ha studiato a Bologna e parla italiano. Ha appena finito di girare come attore e sceneggiatore «Ameriqua», tra Bologna, Firenze e altre città. Che cosa le ha raccontato Bob Kennedy della politica italiana? Lui segue molto la politica americana, è entusiasta di Obama. La politica italiana l'ha seguita fino a cinque anni fa, quando ha dato un esame sulla politica del Bel Paese ed è stato promosso a pieni voti. E dell'omicidio del suo prozio Kennedy? In questa vicenda c'è un aspetto carino: lui avendo 26 anni non ha conosciuto il Presidente, se non attraverso i racconti della figlia. La cosa che impressiona è che ancora oggi, quando americani o italiani lo fermano, gli raccontano cosa facevano il giorno dell'assassinio. Questo lo colpisce molto. Ci sarà spazio anche per lo sport nella sua trasmissione? Ci tengo molto. Giovedì prossimo ospiteremo le campionesse mondiali di ginnastica ritmica Elisa Santoni ed Elisa Blanchi. Tendenzialmente ogni settimana mi piace avere una cosa importante di musica, di sport, una storia da raccontare, anche con persone sconosciute. E poi variare dalla cultura alla scienza, dal teatro al cinema. E ospiterà Pupi Avati? Andrà in onda venerdì. Nel suo libro «Ho toccato l'Italia con il piede destro» racconta la sua gioventù: ha qualche rimpianto per la scelta di suo padre, quella di tornare in Italia? È una bella domanda. La verità è «no». Anche perché sono riuscito a recuperare uno straordinario rapporto con la terra di origine e con mia mamma (per cinque anni non ho saputo niente di lei). Cosa le ha lasciato l'incontro con Montanelli? È stato un direttore che rimpiango. Mi ha lasciato un amore straordinario per il mestiere e un senso di libertà e indipendenza. La necessità di essere chiari nella comunicazione: anche un portiere deve capire il fondo che hai appena finito di scrivere. Quale programma sogna di condurre? Ho una risposta che sorprende: è il programma che sto facendo: ho accanto a me una redazione piccola e tutta al femminile (Rosanna, la curatrice. E poi Francesca, Annamaria e Maria) ma fatta di persone motivatissime e brave. Con le quali sono in sintonia.

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