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Social Network

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diDINA D'ISA Il web sbarca al cinema e conquista le platee con «The Social Network» di David Fincher, già campione d'incassi (e di polemiche) in Usa e ieri tra gli Eventi Speciali del Festival di Roma. Il film (dal 12 novembre al cinema distribuito da Sony e in odore di Oscar) racconta come è nato Facebook, fenomeno sociale del secolo, attraverso lo scontro di alcuni giovani brillanti che affermano (chi per una ragione chi per un'altra) di aver preso parte alla nascita del progetto. La storia si muove dalle aule di Harward agli appartamenti di Palo Alto, catturando le emozioni di quei ragazzi che hanno mutato la nostra cultura, raccontando come questo fenomeno abbia prima raggruppato alcuni amici per poi dividerli. Coinvolti nella vicenda sono Mark Zuckeberg (Jessie Eisenberg) che ha ideato il primo sito web di Facebook; Eduardo Saverin (Andrew Garfield), ex amico di Mark che ha messo il capitale per la nuova società; il fondatore di Napster, Sean Parker (Justin Timberlake) che ha presentato Facebook ai capitalisti della Silicon Valley e i gemelli Winklevoss (Armie Hammer e Josh Pence), colleghi di Harward che hanno denunciato Mark, sostenendo che avesse rubato loro l'idea. Il fatto è che quella sera d'ottobre del 2003, dopo aver rotto con la fidanzatina, Mark entrò nei computer dell'università per creare un sito che fingesse da database di tutte le ragazze del campus universitario, confrontando poi le foto a due a due e chiedendo all'utente quale fosse la più carina. Il sito si chiamava Facemash e invase il sistema informatico di Harward generando polemiche sulla presunta misoginia dei suoi contenuti. A Mark non restò che lanciare subito dopo thefacebook.com, che a macchia d'olio si è diffuso dai computer di Harward fino alla Silicon Valley e quindi in tutto il mondo. Dall'abbraccio generazionale al conflitto passionale il passo è breve, tanto da aprire la battaglia legale che dividerà gli amici, perché ognuno alla fine vorrà il proprio riconoscimento personale nella vicenda. Fincher e lo sceneggiatore Sorkin hanno ricostruito la storia senza schierarsi da alcuna parte, lasciando al pubblico l'interrogativo più grande: cosa è accaduto realmente? Per l'attore Eisenberg «l'atteggiamento di Zuckenberg non è un tradimento perché lui era solo concentrato su Facebook e non sull'amicizia: non è un amico né buono né cattivo, ma solo un leader che porta avanti il suo progetto». Riguardo all'elemento misogino del film, che mette in primo piano una generazione di trentenni infatuati di donne solo per il proprio svago, l'attore ha sottolineato che le «comunità di appassionati di computer sono molto centrate sugli uomini e la pellicola evidenzia soprattutto il carattere dei creatori di Facebook, che erano tutti maschi, quindi è loro il punto di vista. Poi, si vede Mark che va alle feste, si mette da parte e non parla: è il suo carattere, forse proprio quello che gli ha consentito di creare un social network basato su come ci si deve relazionare oggi. Un business di oltre un miliardo di dollari». A sorpresa, dopo le proteste della stampa all'Auditorium, costretta a vedere ieri il film in italiano e non nella versione originale (che è stata poi aggiunta a fine mattinata), Eisenberg ha detto di non essere iscritto su Facebook: «L'ho usato solo per qualche settimana in preparazione al mio ruolo, ma non saprei davvero che farmene, c'è già abbastanza gente che fa le pulci alla mia vita privata. Facebook lo usa comunque mia sorella e, a differenza di me che sto sempre davanti alla tv, ha migliorato le sue reazioni sociali». Intanto, è in cantiere la risposta planetaria a «The Social Network» e a Facebook, traduzione virtuale dello Exeter Face Book, album fisico con le facce degli studenti dell'Accademia di Exeter: l'idea di Zuckerberg, fondatore della rete sociale, conta oggi oltre 500 milioni di utenti, l'11 per cento dei quali ha più di 35 anni. La concorrenza al film arriverà presto con «Googled: the End of the World as we know it» (Googlati: la fine del mondo così come lo conoscevamo), film sulla storia di Google, il più potente motore di ricerca. E a differenza di David Fincher (autore di «Panic Room» e de «Il curioso caso di Benjamin Button»), evidenzierà la contrapposizione netta tra i due mondi virtuali, entrambi uniti da genesi letterarie: il libro «The Accidental Billionaires» di Ben Mezrich per il film di Fincher e il romanzo di Ken Auletta, che ispira l'omonimo film su Google. In linea con il manicheismo puritano di tradizione rigorosamente americana, si schiereranno da un lato i cattivi introversi di Facebook contro i bravi ragazzi di Google: l'università di Harvard, frequentata dal ricco Zuckerberg, contro quella di Stanford, dov'erano iscritti i fondatori di Google (Larry Page e Sergey Brin); Palo Alto contro Mountain View, ovvero la Sony contro Microsoft. Zuckerberg, da anarchico e misogino hacker, è ora presidente d'una società, e crede fermamente che non occorra guardarsi negli occhi per fare amicizia. Mentre, il film su Google vuole mantenere alto l'idealismo dei suoi creatori, almeno secondo quanto afferma John Morris della Groundswell Productions, che prevede lo sbarco in sala del film su Google per la fine del 2011. Per gli appassionati di Google, al contrario di quelli di Facebook, si può insomma rimanere amici persino se si diventa improvvisamente ricchi.

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