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L'immaginario dell'Olocausto

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L'OsservatoreRomano scende in campo in tema di negazionismo e sostiene che non si debba punire per legge chi rivisita in questo senso l'Olocausto. E intanto in Israele monta la polemica su Godard «il noto antisemita in odore di Oscar». Solo tre fatti che increspano le pagine dei quotidiani in questi giorni per dire di quanto lo sterminio degli ebrei, che ormai appartiene all'altro secolo, il Secolo Breve, sia, a ragione, il fil rouge del presente, anche con film, libri, mostre. Indaga e intreccia memoria, immaginario, archivi e cinema il libro «La Shoah e la cultura visuale» (Bulzoni ed., 22 euro) di Andrea Minuz, docente a «La Sapienza» di Roma e all'Università del Molise e teorico dell'estetica del cinema. Agganciandosi a memorabili opere sull'Olocausto (dallo sceneggiato «Holocaust» che spopolò a partire dal '78 in Usa e in Germania, con punte del 50% di share a «Schildler's List» di Spielberg e a «Inglourius Basterds» di Tarantino) Minuz scava in quella che chiama «l'ambigua centralità che l'Olocausto occupa nella nostra cultura». Al punto che la sua proclamata indicibilità «fa da sfondo a uno degli ultimi grandi racconti rimasti che come una sorta di epica negativa attraversa tutte le forme e le riscritture possibili dell'immaginario». Li. Lom.

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