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Sei Zero: il re dei sorcini a Roma per i suoi 60 anni

Renato Zero oggi e in una foto d'archivio

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«Ah Renatì, io te conosco da quanno so' piccola. Me l'ha detto una vecchietta di 94 anni in via Borgognona. Avete capito? No-va-nta-quattro anni. Vabbè che canto da una vita... ma vai a casa». Renato Zero è così e il pubblico lo prende di petto. Senza peli sulla lingua. Il re dei sorcini è giunto a una di quelle date che non passano inosservate: sessanta primavere. Sessant'anni da compiere giovedì prossimo, il 30 settembre. E un romano de Roma come lui non poteva far altro che festeggiare tra la gente, tra la sua gente. Nel cuore della città. In quella piazza di Siena che da domani diventerà la capitale dei sorcini. «Stavolta ho l'impressione di averla combinata davvero grossa», così esordisce Renato e subito dopo: «D'altronde era tanto tempo che non mi prendevo il lusso di sconvolgere. I miei sessant'anni mi sono sembrati l'occasione perfetta». Fino al 9 ottobre otto concerti per brindare al giro di boa. Sul palco di Villa Borghese ci saranno tanti amici che da anni lo seguono da vicino e da lontano: Andrea Bocelli, Raffaella Carrà, Cecilia Gasdia, Stefano Di Battista e, seduto in platea, Ennio Morricone. Ma soprattutto ci saranno loro: i sorcini. Ogni sera dodicimila persone sedute in poltrona. Finora sono stati venduti novantamila biglietti per gli otto concerti ed è partita la corsa agli ultimi tagliandi disponibili. I protagonisti sono sempre loro, i romani. «Riconosco il tassista, l'operatore dell'Ama - confessa Renato - Forse perché mio padre faceva il poliziotto. È questa la Roma che mi dà speranza. Mi sento molto vicino a Aldo Fabrizi e Anna Magnani che non hanno mai messo nessuna barriera tra il palcoscenico e la strada. Non bisogna dimenticarlo mai: è la gente che ispira le cose che scriviamo». D'altronde Zero lo si può incontrare ancora oggi tra la gente del quartiere, per le strade della Camilluccia, a Roma. Si ferma a parlare con l'edicolante, scherza col fruttivendolo per non perdere il contatto con la vita di tutti i giorni. E non dimentica neppure i residenti della Montagnola, il quartiere periferico della Capitale dove è cresciuto. «Voglio ringraziare tutti i residenti della palazzina A,B,C,D,E,F,G e H - scherza sottolineando il popolare sovraffollamento del quartiere - Mi hanno sopportato per anni. Anche quando tornavo a casa vestito a modo tutto mio».   I festeggiamenti per i sessant'anni di Renato metteranno a disposizione del pubblico anche film e fotografie introvabili. La Casa del Cinema e il Globe Theatre saranno coinvolti direttamente nelle iniziative. E gli spazi resteranno aperti anche nei giorni in cui non ci saranno i concerti dal vivo. La scaletta ripercorrerà vecchi e nuovi successi raccolti in oltre quarant'anni di carriera. Dal Ciak al Piper, passando per viale Mazzini. Non mancheranno «Talento», «Ha tanti cieli la luna», «Triangolo», «Il carrozzone», «Cercami», «Mi vendo», «Amico», «Qualcuno mi renda l'anima», «I migliori anni della nostra vita», «Ancora qui». Ma è «Il cielo» quella che oggi lo rispecchia di più. «A volta mi sembra non solo di essere stato veggente - confessa - ma addiritura di aver influenzato il corso degli eventi». E Renato Zero non ha mai avuto paura di portare alla ribalta temi scottanti come la pedofilia quando parlarne era ancora un tabù. Per non parlare delle mille provocazioni sull'omofobia o meglio sulla «Zerofobia», come direbbe lui. Il cuore del suo interesse resta sempre Roma e i romani. «Roma - ha spiegato - mi sembra una città popolata sempre più da politici e sacerdoti che non da romani. Per vedere questi ultimi ormai bisogna andare in luoghi come Tor Bella Monaca, in cui i cittadini non hanno la possibilità di godere del patrimonio storico e artistico della loro città». E non poteva glissare sulle esternazioni di Umberto Bossi sulla Capitale e su S.P.Q.R. «Mi dispiace tanto per lui - ha detto - ci sono degli ottimi oculisti che possono correggere eventuali problemi alla vista. Ma la coscienza non c'è nessun medico o sciamano in grado di curarla».   La coscienza, quella che Renato ha messo sempre al primo posto. Tra paillettes e lustrini ha scavato nel suo animo e nell'animo di tutti noi. Fino a raggiungere i nostri segreti. «Oggi, a sessant'anni sono tornato a essere Renato Fiacchini - conclude - Ho anche un figlio e delle nipoti. Faccio una vita normale e ho una famiglia numerosa con tante sorelle. Se abbiamo imparato qualcosa nella vita, i nostri nipoti vorranno conoscerlo». E sotto le luci della poesia viene tutto più facile.  

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