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La comicità sepolta viene riesumata al Lido un tempo come ora: pochi autori e tanti attori

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Equesta sua struggente canzone sembra essere il leith motiv del Festival del Cinema appena concluso. Intellettuali schedati o bipartisan hanno fatto a gara nel commentare la tristezza che aleggiava sulla laguna come i voli dei gabbiani: Natalia Aspesi, considerevole firma, e anche Paolo Villaggio, presente alla proiezione di «Fracchia la belva umana». «È una rottura da quando il Festival è andato in mano ai sinistresi», ha commentato il più triste dei comici italiani, ma il graffio che motiva questo mio pezzo l'hanno dato Tatti Sanguineti, coltissimo cinefilo, e la nostra Lidia Lombardi, che ha scritto: «Meno male (ma questo lo aggiungo io) che Müller s'è degnato di fare un omaggio al cinema comico italiano, il più snobbato dalla kermesse per cinefili trinariciuti». E qui non parliamo dei cine-panettoni o dei film comico-erotici degli anni '60 (non chiamateli, per carità, commedie all'italiana ma, piuttosto, commedie-pop), ma de «La Situazione Comica», un sintetico campionario fornito da un tris d'assi, nella retrospettiva sulla risata made in Italy del '900, di cui si parla nel bell'articolo «Risate clandestine» su «La Repubblica». I tre assi nominati sono: Vittorio Metz, Riccardo Freda e Mario Monicelli. Siamo negli anni '30-'40, in pieno fascismo, e la rivolta della risata clandestina cova sotto l'orbace. Canzoni-canzonatura, piroette verbali, dialoghi cifrati, battute fulminanti su cui immancabilmente piombava la censura. Nascevano i film della Rinascita, un vero sberleffo al potere, dove l'irresistibile comicità era ribellione e la risata, libertà. Il primo di questi film che finalmente liberava lo schermo anche dalla mielosa serie de «I telefoni bianchi» fu (nel 1939): «Imputato alzatevi!» (proiettato a Venezia lo scorso 5 settembre all'isola di S. Servolo), ideato e scritto da Vittorio Metz per la regia di Mario Mattoli. L'insolita pellicola, definita dalla critica di allora «il migliore film comico della Rinascita» fu anche trampolino di lancio di Macario, la maschera con il ricciolo a cavatappi. Altri attori comici per la serie «saranno famosi» furono: Renato Rascel («Pazzo d'amore» di Metz, dove debuttò Mario Monicelli come aiuto regista); Nino Taranto («Tutta la città canta» di Freda); Aldo Fabrizi e Totò («Guardie e ladri» di Monicelli). Nascevano le gags. In «Imputato alzatevi!» debuttarono come gags-men: Ruggero Maccari, Steno, Guareschi, Marchesi e un giovanissimo Fellini, tutti fresche reclute dei mitici fogli satirici «Marc'Aurelio», capitanato da Metz e «Il Bertoldo», fondato e diretto da Metz e Mosca nel 1936. Il risultato di questo movimento dei capiscuola dell'umorismo italiano era pungente ed elegante, prima che l'odierna volgarità inquinasse la comicità. Sempre dal manipolo dei marc'aureliani e dei bertoldiani nasceva la Rivista e la Commedia musicale farcite da battute e non solo da «donnine», che cancellavano l'avanspettacolo. In un'intervista degli anni '80 a chi gli chiedeva la differenza fra la generazione dei comici degli anni '30-'40 e quella di oggi, Metz rispose qualcosa che regge anche adesso: «È che attualmente non esistono scrittori comici, mentre esistono buoni attori comici. Buoni comici sì, ma non autori. E a quale scuola di umorismo potrebbero far riferimento oggi?». Ipse dixit...Ed Ipse fu?.

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