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"Ridateci i film di Pupi Avati"

Marina Ripa di Meana allaMostra del Cinema di Venezia

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Fioccano le critiche su questa edizione della Mostra di Venezia che ha visto ieri passare in concorso il nostro secondo film italiano, l'unico non tratto da un libro e che vanta una sceneggiatura originale. «La passione» di Carlo Mazzacurati ha scatenato raffiche di applausi e speriamo che il cast composto - tra gli altri - da Silvio Orlando, Cristiana Capotondi, Kasia Smutniak e Stefania Sandrelli, riesca a far dimenticare le cadute di questo festival lagunare. Cosa sta succedendo al nostro bel cinema? È davvero tutta colpa della crisi? «A volte la crisi diventa una scusa - sostiene Marina Ripa di Meana dalla sua bella casa in Umbria - In realtà, il festival è sottotono. E mi sembra che ormai da qualche anno la situazione a Venezia vada arrancando. Tanto che io sono scappata e mi godo la piscina e i miei comfort. Ho visto due film bruttissimi, quello sul Cigno nero («Black Swan» di Aronofski con Natalie Portman) e l'altro filo-palestinese tratto dal libro di Rula Jebrael che è praticamente un monumento a se stessa senza chiaroscuri. Lei è l'eroina, è buona, è bella e brava. Comunque fa impressione vedere Venezia così, soprattutto a chi se l'è goduta negli anni fulgenti. So solo che dopo aver visto un film bruttissimo ci hanno catapultato in una sala, tutti in piedi a mangiare supplì. Alla fine, ci siamo ritrovati in buona parte all'Harry's Bar, dove c'era Naomi Campbell con il suo magnate russo, Tarantino con il suo cappellaccio e Bruno Vespa con una tavolata di amici. Insomma, in Italia finisce tutto a tarallucci e vino. Ed era persino complicato entrare con l'invito: io, ad esempi, che ero stata invitata alla proiezione d'apertura, ho dovuto fare la fila per ritirare il biglietto. Ma allora che razza d'invito è? E in quanto ai film scelti, che non sono belli, non capisco perché hanno tolto dal concorso Avati, che è un autore, forse l'unico rimasto. Ha fatto bene Pupi a rifiutare le piccole vetrine in sezioni collaterali». A testimoniare che la Mostra di Venezia non è più quella di qualche anno fa, anche il vicedirettore dell'Excelsior Giulio Polegato: «Oggi non ci sono più le grandi case cinematografiche americane che c'erano anni fa, allora le grandi feste erano all'ordine del giorno. I protagonisti sono tutti italiani o orientali e la movida si svolge nei bar o agli stand. In spiaggia si è vista solo la madrina, Isabella Ragonese, a fare qualche scatto e via». Intanto, il secondo film italiano in concorso è stato applaudito e per il regista Caro Mazzacurati «La passione» (dal 24 settembre al cinema distribuito da Fandango) parla «della paura di creare e del blocco che nasce da questo. Proprio dal caos questa storia trova un senso e una dignità. Ma il mio film racconta anche l'Italia di oggi, questo strano Paese che sembra dover toccare ogni volta il fondo per poi avere la forza e le idee per riscattarsi. Alla fine, sarà l'Arte a salvare la catastrofe. Viviamo in una sorta di soap opera, dove tutto è paradossale, tanto da non poter trovar più nemmeno l'effetto comico». Una splendida Catherine Deneuve, nel ruolo di casalinga sottomessa al marito, che con grande sorpresa di tutti si rivela poi una donna emancipata, è sbarcata sul Lido per «Potiche», commedia di Francois Ozon, in concorso a Venezia 67. Nel cast anche il mitico Gerard Depardieu e Fabrice Luchini. La diva d'oltralpe spera che «questo film possa aiutare le donne ad avere più riconoscimenti. Ci sono ancora differenze mondo maschile e femminile. La situazione è migliorata ma molto lentamente. Le donne non hanno ancora lo stesso riconoscimento degli uomini nel lavoro, come nella società».  

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