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Il delitto paga bene

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Johnny Depp nei panni di Joseph Pistone

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Di solito il delitto non paga... ma se si parla di cinema o letteratura il crimine, quello raccontato o filmato, assicura fiumi d'oro. Dai tempi di Joe Petrosino, l'eroico poliziotto newyorchese che all'inizio del '900 perse la vita combattendo la Mano nera, ogni romanzo di ambiente mafioso è un best seller. E ai film va anche meglio. Sta per arrivare nelle librerie «Cosa nostra. Istruzioni per l'uso», di Joseph Pistone, Mondadori collana Strade Blu Saggistica, 192 pagine, euro 17,50. Joseph Dominick Pistone, classe 1939, è stato per anni un agente dell'Fbi infiltrato in una delle più feroci e sanguinarie famiglie mafiose di New York. Il suo nome di copertura, divenuto leggendario, era Donnie Brasco. Pistone è l'autore di «Donnie Brasco» (Mondadori 2009), libro incredibile ed appassionante nel quale racconta la sua esperienza. Sotto copertura ha vissuto vicende terribili assistendo a omicidi, torture, minacce, ma grazie al suo lavoro molte indagini sono state aperte e numerosi mafiosi sono stati condannati. Il suo racconto è stata la base della sceneggiatura del film «Donnie Brasco», del '97, con Al Pacino e Johnny Depp. Oggi «Donnie» vive in una località segreta, sotto falso nome ed è, come lo ha definito Roberto Saviano, «una leggenda che cammina». È, per forza di cose, uno dei massimi esperti di organizzazioni criminali del mondo. Questo suo «Cosa nostra. Istruzioni per l'uso» ha uno scopo preciso: confutare la visione romantica dei mafiosi data da film come «Il Padrino». La realtà di oggi delle famiglie statunitensi non è fatta di codici d'onore e antichi rituali: altro che Don Vito e Don Michele, altro che «niente di personale», come si legge nei romanzi di Mario Puzo. Sicuramente il fascino dei personaggi di tanti libri, ma anche di film come «Quei bravi ragazzi», del '90, di Martin Scorsese, è legato alla spietatezza dei suoi protagonisti. Ma Pistone cerca di farci capire che i boss mafiosi visti al cinema sono una cosa, ben altro è trovarseli davanti. E magari doverci discutere. Gli affiliati di Cosa nostra, ci racconta l'agente federale che ha vissuto all'interno di quel mondo, difficilmente sono dei gentiluomini, come ci vuol far credere una certa letteratura. E chi pensa che siano simpatici ha guardato troppe puntate dei «Soprano». Che comunque per anni è stato il telefilm più visto d'America. I capimafia della realtà di solito, per necessità, sono intelligenti, qualcuno ha anche dei gusti raffinati, come i personaggi della saga del «Padrino», ma parecchi, assicura Pistone, sono solo dei banditi di strada. Alcuni sono abilissimi a far soldi, altri sanno solo spenderli. La regola generale, però, è che i boss non hanno amici, nemmeno le persone con le quali hanno lavorato per tutta la vita. E sono pronti a uccidere senza alcuna esitazione. Con buona pace di tutti quelli che, quando esce un romanzo o un saggio sulla mafia, corrono in libreria pensando che sia una favola.

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