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Il miracolo incompreso

Gli operai in sciopero a Danzica

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Anni fa il cantautore Enzo Jannacci dedicava una sua canzone, Prete Liprando, a coloro - e sono i più - che, pur testimoni oculari di fondamentali avvenimenti della storia umana, manco se ne accorgono. Sembra impossibile, ma è proprio così. È successo anche a noi, alle nostre generazioni. Nulla lo prova meglio della mostra attualmente in corso a Rimini dedicata al Trentennale degli scioperi operai di Danzica e di Solidarnosc. Non ci credete? Facciamo la riprova. Agosto 1980: esasperati dalla classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso, un ulteriore aumento dei costi di alcuni generi alimentari di base, gli operai dei cantieri navali di Danzica entravano in sciopero. Alla loro testa c'era un sindacalista trentasettenne, Lech Walesa. Il governo comunista di Varsavia le provò di tutte: fece intervenire i fedelissimi inquadrati nelle milizie paramilitari travestite da organizzazioni di lavoratori, ricorse alle retate e alla repressione sistematica, bandì la legge marziale, invocò il "fraterno aiuto" sovietico: niente da fare. Alla fine, dovette cedere: vale a dire accettare il confronto con liberi sindacati finalmente autorizzati - e nacque l'indimenticabile Solidarnosc: un nome che a ricordarlo ci mette ancora i brividi per la schiena -, inutile braccio di ferro con gli operai e i contadini che si organizzavano a tutti i livelli. E giunse - dopo quasi dieci anni di lotta - l'elezione a capo del governo, nel luglio 1989, l'elezione a capo del governo dell'intellettuale cattolico T. Mazowiecki e l'insediamento del primo governo non-comunista dal '48. Durante quei dieci anni, erano accadute cose incredibili: Walesa, dopo quasi un anno di carcere, veniva liberato e insignito nel 1983 del Premio Nobel per la pace; nel giugno dell''87 il polacco Karol Wojtyla, cardinale di Cracovia da otto anni papa, visitava trionfalmente il suo Paese prendendo energica posizione a favore di Solidarnosc; un anno dopo, nel luglio del 1988, il capo del governo sovietico Michail Gorbaciov, in quei mesi impegnato nella fase più delicata del processo di rinnovamento politico e istituzionale del suo paese e nel ritiro dell'Armata Rossa dall'Afghanistan, si era a sua volta recato in Polonia accordando con ciò ai cambiamenti in atto il sostegno della sua immagine di coraggioso riformatore.   A distanza, tutto sembra chiaro: ormai abbiamo etichettato, schedato, inscatolato e archiviato; magari perfino dimenticato. Diciamo, con schematica leggerezza, che la nascita di Solidarnosc coincise con un momento importante della dinamica che condusse al crollo del comunismo sovietico e quindi dell'equilibrio mondiale che durava ormai da oltre un quarantennio e che si fondava sull'egemonia mondiale delle due superpotenze, la sovietica e la statunitense. La crisi, avviata già dalla seconda metà degli Anni Settanta e segnata dal movemento Charta 77 in Cecoslovacchia e dal diffuso disagio in tutta l'Europa orientale, sarebbe culminata tra l'agosto e il dicembre del 1991 con la dissoluzione dell'URSS e la fine dell'egemonia comunista sulla metà dell'Europa e del mondo. Allora si pensò, e ancor oggi si pensa, che a tali straordinari eventi non si sarebbe mai giunti senza le scelte straordinariamente lucide, coraggiose e tempestive della Chiesa cattolica che nell'ottobre del 1978, in un momento delicatissimo e decisivo del mutamento in atto sia in Polonia sia in tutto il mondo comunista, aveva scelto a guidarla un esperto ed energico avversario di quel sistema, il polacco cardinal Wojtyla; il quale, con la sua visita in America latina dell'anno successivo, avrebbe inferto ai movimenti comunisti un duro colpo anche in quel continente. Si pensò a un asse, magari implicito, tra la Santa Sede e la nuova presidenza statunitense guidata da Ronald Reagan, per ridimensionare drasticamente e irerversibilmente l'influenza del comunismo nel mondo. Si aprì insomma nella vita politica e sociale del pianeta un'epoca nuova, che forse si sta chiudendo proprio in questi anni. Non a caso, nel maggio del 1981, "qualcuno" cercò di arrestare quella nuova fase della nostra storia armando la mano di un attentatore in piazza San Pietro. Oggi, tuttavia, gli avvenimenti di trent'anni fa vanno rivisti nel contesto di una rinnovata complessità: della quale erano forse sintomo anche i drammatici eventi di uno scenario "secondario" come quello italiano, dall'assassinio di Aldo Moro del maggio '78 alla strage della stazione ferroviaria di Bologna dell'agosto di due anni dopo. Non dimentichiamo altri signiticativi elementi "sincronici": soprattutto la fondazione della Repubblica islamica dell'Iran e con essa la nascita di un aspetto innovatore dell'attività dei movimenti radicali all'interno del mondo musulmano proprio mentre in Afghanistan, con la resistenza ai sovietici, si avviava un movimento che allora venne interpretato come soprattutto anticomunista mentre recava in sé, al contrario, i presupposti di un più vasto sentimento antioccidentale. Anche la quanto meno parziale delusione dei paesi dell'Europa orientale, passati dalla democrazia "popolare" a quella "parlamentare" e dal sistema comunista a quello capitalista, e la fine del "secolo americano", vanno considerati nell'ottica delle aspettative - e delle illusioni - aperte da quell'Anno dei Portenti che fu il 1980 e dal miracolo degli operai di Danzica.

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