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«Romano doc senza bira e calippo»

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«Abbiamo con la morte un rapporto quasi fraterno. In fondo "mortacci tua e de tu nonno" è quasi un complimento, come "l'anima de li mejo..."». Spensierato ma soprattutto spudorato e piuttosto «romano de Roma». È Enrico Brignano, dissacratore, classe 1966. In serbo ha due date del suo tour 2010: farà tappa a Sabaudia domani e sabato alle 21.30. «Non è mai successo prima di avere una doppia data a Sabaudia - confessa Brignano - Abbiamo dovuto fare largo a diecimila persone». Enrico Brignano, di cosa parlerà nello spettacolo? «Di come non sia stata colpa mia l'essere nato a Roma. E come è successo a me è successo a molti altri. Guardi che succede ogni giorno. Anche la stessa Roma è nata per sbaglio: è nata soltanto perché una cesta di vimini si è fermata in mezzo alle frasche, vicino all'anagrafe. Romolo e Remo in fondo in fondo erano dei palazzinari e la città in teoria sarebbe potuta nascere un po' più vicino al mare o al fresco, verso Rieti, chi lo può mai sapere». Pregi e difetti dei romani? «Forse sono gli stessi. I romani sono simpatici, a volte anche troppo simpatici... E il difetto si crea quando i romani vogliono essere eccessivamente simpatici, eccessivamente sornioni. Poi sono disfattisti, disincantati, 'n po' tolleranti. Poi soprattutto non mi piacciono coloro che marcano il territorio e che per forza di cose devono eccedere nella volgarità. Ecco, mi dispiace quando Roma viene mortificata. Parlo di una Roma che ha una tradizione anche di morte, se vogliamo». Perché? «Abbiamo con quest'ultima un rapporto quasi fraterno. In fondo "mortacci tua e de tu nonno" è quasi un complimento, come "l'anima de li mejo..."». «Sono romano ma non è colpa mia», da cosa è stato ispirato per dare questo titolo allo spettacolo? «Da un fatto ben preciso. È una una scusa non richiesta. Mi sono sempre immaginato, visti i tempi de scissioni e divisioni, che qualche critico di giornali del nord o del sud mi potesse accusare di possedere un "eccesso di romanità". Credo che nelle interviste i giornalisti siano sempre un po' razzisti nel dire: "Ma ti comprendono quando sei al nord?". Io credo che la risposta sia "Sì, e te credo"». E allora? «E allora mi sento in dovere di precisare che la comicità non passa attraverso il dialetto ma attraverso la capacità di comunicare». Si rifà a qualcuno in particolare? «Tutti i grandi comici hanno sempre avuto una città dietro le spalle: Totò e De Filippo avevano Napoli, Aldo Fabrizi Roma, Walter Chiari aveva Milano ed erano compresi da Cefalù alle Alpi. E inoltre per me Milano è come se fosse la mia città adottiva. Vuoi per Zelig vuoi perché, ogni volta che ci vado, ci rimango mesi. Così mi sono immaginato la storia di un critico, di un critico anonimo». Cosa comporta l'essere romano? «Una grande responsabilità». Cioè? «Cioè, conviene essere romani in tempo di globalizzazione? Un tempo i liberti davano la vita per essere poi considerati dei cittadini romani. Oggi suona un po' come un'accusa: prendiamo anche sindaci non romani! E del traffico, della terza e della quarta corsia del raccordo anulare non me ne importa nulla». Ha visto le ragazze «bira e calippo» in televisione, su YouTube e sui giornali? Cosa ne pensa? «Stiamo parlando di un qualcosa sulla quale sarebbe bene rifletterci un po' su. E soprattutto non bisognerebbe andare a cliccare, per vedere due vittime del sistema che non hanno mai aperto un libro in vita loro. È solo carne da macello in questa gogna mediatica chiamata internet. Che senso ha vedere due che sbagliano i congiuntivi e che non sanno parlare? Che faccio, ce vado pure su internet?». Quale è la vacanza-tipo dei romani? E soprattutto, dove si trova lei attualmente, se è in vacanza? «Allora, io sto lavorando e non faccio vacanza. So' un romano atipico. Oggi il romano non va più ar paese come una volta, da dove riportava pure du' pomodoretti. Oggi il romano te lo trovi pure alle Maldive o che riporta er formaggio dall'Indonesia e la collanina da Bali centro». Quale personaggio interpreterà in "Fratelli detective", fiction che andrà in onda prossimamente su Canale 5? «Bè, quello di Francesco». Racconti. «Siamo due fratelli, e tante volte fratelli che non si comprendono. Tra di noi c'è un grande divario. Quello che separa la vita di un 44enne da quella di un parente stretto sì, ma di soli undici anni. È la storia di un commissario dalla vita non facile, che tenta di risalire la china nonostante le cose vadano male, che prova a costruirsi una famiglia, mentre si innamora e si disinnamora. Insomma, siamo due fratelli de teck piuttosto che detective...».

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