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Mai più «ti amo» a gettoni

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Era il rifugio per la teen ager che voleva tubare con l'innamorato senza farsi sentire da papà. Per le fedifraghe appassionate con l'amante. Per i tipi loschi capaci di ricattare spendendo solo un gettone. Per i militari colti da nostalgia per l'amatriciana di mammà. Quante storie nei 50 centimetri quadrati di una cabina telefonica. Quanti drammi dietro i vetri che d'inverno si appannavano, d'estate diventavano roventi. A metterci una «pulce» - nel box che a Londra è di culto - altro che copioni cinematografici, altro che dossier su spie, assassini, golpisti. Sarà per questo che l'addio a questi sgabuzzini con cornetta smuove nostalgie e ricordi. Ma indietro non si torna, i cellulari hanno ammazzato i telefoni pubblici, anche quelli dotati di scheda. Così Telecom mette in atto il piano di eliminazione. Via prima di tutte quelle dove si registra meno di una telefonata al giorno. E dove - rotte, puzzolenti, imbruttite da scritte volgari - nessuno entrerebbe più. Hanno resistito fino agli anni Novanta (chi s'azzardava a preferire i cellulari, grossi, pesanti, con difettosa copertura di rete?). Poi, di anno in anno, la resa. Anche se erano, in Italia, poco più che quarantenni, la prima cabina spuntò a Milano nel febbraio del 1952. Tempi in cui non tutti potevano permettersi il telefono fisso a casa. E allora, via, giù in strada, sbuffando quando quello che era entrato prima stava mezz'ora con la cornetta infilata nell'orecchio. «Tajaa», dicevano a Roma, e con indice e medio simulavano il movimento delle forbici. I cinefili hanno stampate nella mente decine e decine di scene nelle cabine telefoniche, frotte di personaggi che sciolgono il plot là dentro. Non esisterebbe la metamorfosi di Clark Kent in Superman. Neo di Matrix farebbe fatica a rientrare nella realtà. Amelie, deliziosa parigina, come potrebbe chiamare il suo Nino? E l'epilogo struggente di «Casablanca», quando davvero Nick non dirà più «Suonala ancora Sam», sarebbe stato diverso senza la telefonata dalla cabina telefonica di quel grigio aeroporto del Marocco. C'è anche altro, ed è drammatico, nell'immaginario collettivo. C'è la cabina dove il 18 marzo 1978, dopo i funerali degli uomini uccisi in via Fani, i brigatisti lasciano il «Comunicato n. 1» con la fotografia di Aldo Moro davanti alla stella a cinque punte. E c'è quella della Stazione Termini dalla quale Valerio Morucci comunica il nascondiglio del corpo del presidente democristiano. Colpo di spugna, dunque, su un altro pezzo di ventesimo secolo, allorché la tecnologia correva ma era una lumaca al confronto di quella di oggi. Tentano di resistere i nostalgici. Su Facebook hanno creato il gruppo «Addio cabine telefoniche!!!» (sì, con tre esclamativi tre) che squaderna l'immagine del vecchio gettone. Un'altra piazza virtuale ha lanciato la petizione per aiutare Superman a salvarle. I fissati del vintage cafone se le sono portate a casa per farci una doccia o la cabina-armadio. Oltremanica pagano quelle rosse anche tremila sterline. Fanno tanto Old England. Come i cappellini della Regina.

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