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Mazzamauro & Magnani «Romanesche come carciofi»

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«Mo'me so rotta de ste biografie». Anna Magnani parla con la voce della Mazzamauro in uno sdoppiamento di personalità che fa perdere il contatto con la realtà. Il 2 agosto nella cornice romana di Villa Pamphilj l'attrice metterà in scena «Magnani Anna detta Nannarella», spettacolo con dedica esplicita. Anna Mazzamauro, perché trasformarsi nella Magnani? Perché è una bandiera. Cerco di entrare nelle pieghe della sua sottoveste nera senza arroganza, con molta leggerezza. Cosa vi unisce? La romanità e la ricerca della verità. Siamo tutte e due ironiche, romanesche come i carciofi. E poi abbiamo molti punti di contatto anche nella vita privata. In scena canto «Reginella» che parla di me e di lei insieme. È un inno alla nostra romanità. Lei è entrata nell'immaginario collettivo come la signorina Silvani di fantozziana memoria. Cosa c'è di lei in quel personaggio? In ogni donna c'è un po' di signorina Silvani. La presunzione di sentirsi la più sexy e la più corteggiata. Ma anche la consapevolezza della propria solitudine e la voglia di sentirsi amata. Per costruire il personaggio mi sono ispirata a mia madre, anche lei era impiegata in un ministero. Nella sua carriera ha lavorato con alcuni mostri sacri del cinema e dello spettacolo tra cui Oreste Lionello, Lino Banfi e Paolo Villaggio. A chi si sente più legata? Sono state tutte occasioni d'incontro. Paolo Villaggio è quello che sono stata costretta ad amare. E sottolineo costretta. Ci siamo amati molto in scena ma poco nella vita. Paolo è snob e ama frequentare i ricchi. Io apprezzo cose diverse. Ha fatto tanto cinema ma la sua passione resta il teatro. Qual è il segreto per stare sul palcoscenico? Il teatro è un luogo sacro che va rispettato. Sul palco si possono trasmettere emozioni anche solo con un capello o un sopracciglio inarcato. E la tv proprio non l'attira? Ne ho fatta tanta ma vale il discorso che faccio per il cinema. Quando si gira una scena già si pensa ai fatti propri. Magari a dove si andrà a cena. Il teatro, mi creda, è tutta un'altra cosa.

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