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La voglia di pace uccise Balbo

Benito Mussolini e Italo Balbo a Ostia

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Che viso teso, quasi disgustato che ha Mussolini ogni volta che appare accanto ad Italo Balbo, invece sempre sorridente. Vecchie foto sbiadite, degli anni Venti e Trenta, che testimoniano la ruggine che c'era tra i due e che sono una delle «chicche» del nuovo documentario di Folco Quilici: «L'ultimo volo». Il più illustre e celebrato documentarista italiano ha lasciato terre selvagge e profondità marine per raccontare una storia ancora avvolta nel mistero: quella della morte del Maresciallo dell'Aria Italo Balbo, ucciso sul cielo di Tobruk il 28 giugno del 1940, settant'anni fa. Il suo aereo fu abbattuto a colpi di contraerea da militari italiani che, ufficialmente, lo scambiarono per un velivolo inglese. Una storia che tocca il regista da vicino, visto che su quell'aereo perse la vita suo padre, Nello Quilici, giornalista e capitano d'aviazione. «L'ultimo volo» è un documentario bellissimo e avvincente, realizzato grazie al contributo di Cinecittà Luce che sarà trasmesso in seconda serata da Rete4 lunedì prossimo, l'anniversario dell'incidente. «Incidente», così lo chiama Quilici, con gli occhi bassi, ancora oggi, per l'emozione. Ma il documentario che ha realizzato lascia aperte molte ipotesi. Il regista fa luce sul ruolo del trasvolatore, che avversò l'alleanza con Hitler e fu in polemica con il regime fascista, specialmente dopo le leggi razziali del '38. Balbo fu antinazista e antirazzista e per questo venne «esiliato», mandato a fare il governatore in Libia, nelle colonie. Ma anche qui riuscì a dare fastidio al regime: si fece benvolere dai coloni italiani, ai quali consegnava personalmente case e terreni. E si fece benvolere dalle popolazioni locali, dalle quali acquistò, con regolari atti di compravendita, i terreni, quasi tutti abbandonati, da coltivare e edificare. Volle ben distinguersi dal generale Graziani, quello del pugno di ferro. Balbo, personaggio solare e internazionale, fu amico di Lindberg e Amelia Earhart, stimatissimo da Franklin Delano Roosevelt, era guardato con rispetto e forse un pizzico di speranza, dagli inglesi che, quando morì, sfidarono la contraerea italiana per lanciare una corona di fiori e un biglietto di saluto sulla carcassa fumante del suo aereo. Un gesto unico e misteriosissimo che ancora oggi suscita interrogativi. Di Balbo Mussolini disse: «È l'unico che mi potrebbe uccidere», in senso politico, ovviamente, ma lui, il duce, potrebbe averlo fatto in senso letterale. Forse temeva che il trasvolatore, questa una delle tesi del documentario, potesse giungere a una «pace africana», con gli inglesi in barba agli ordini di Roma. «L'aereo di Balbo fu centrato dal colpo di un sommergibile che subito dopo si immerse - spiega Quilici - ma il vero mistero è dove il maresciallo stesse andando. Probabilmente ad un incontro segretissimo nel deserto con alcuni colonnelli egiziani», che volevano scrollarsi di dosso la dominazione inglese e con i quali sperava di allearsi. All'argomento Quilici ha dedicato anche un libro: «Tobruk 1940 - Dubbi e verità sulla fine di Italo Balbo», edito da Mondadori. La risposta a tutti questi misteri, quasi sicuramente, era nel diario di Nello Quilici. Ma le ultime pagine, quelle decisive, furono fatte sparire.  

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