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Il Pulitzer Strout «Leggere è libertà»

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Stretta in un vestito nero, collana ad abbellire il collo, ballerine ai piedi. Così si è presentata ieri il Premio Pulitzer 2009 Elizabeth Strout. E ha parlato della serata di oggi del Festival Letterature alla romana Basilica di Massenzio (ore 21, ingresso libero) insieme allo scrittore francese Philippe Djian: introdurrà il filosofo Marco Senaldi. Elizabeth Strout, qual è l'argomento dell'inedito che leggerà stasera, dal titolo «Appetito»? «Parla di una coppia che va a fare una passeggiata. I due vanno a trovare il loro figlio che, da New York, è andato a vivere in Arizona. Però, mentre passeggiano, la loro vita cambierà: lei capisce di essere un'ingenua e perciò prova paura e angoscia». I suoi scrittori di riferimento? «Hemingway, Fitzgerald...». A cosa serve la la letteratura? «A capire meglio cosa provino gli altri, facendoci così sentire meno soli. Si abbatte il muro che c'è tra una persona e l'altra». Ha avuto modo di leggere qualche autore italiano? «No. Al momento no, mi ricordo però che in passato lessi qualcosa ma non saprei dirle». Cosa le piace di Roma? «La cosa che più mi piace fare a Roma è camminare. Ho visto dove è morto di John Keats ma adoro perdermi tra i vicoli della città». Di cosa parla il libro «Resta con me» (Fazi Editore, 2010)? «È la storia di un uomo che cresce e che diventa maturo. Da uomo naif quale era a uomo che comprende la realtà del dolore». Il suo libro «Olive Kitteridge» è un racconto per intero o sono una serie di racconti? «Bè, in linea di massima... Come più piace considerarlo. Ma secondo me è una raccolta di racconti, dove ogni storia è autonoma». Cosa ha fatto dopo aver saputo di aver vinto il Premio Pulitzer? «Ero così felice! Mi ricordo un grande senso di felicità misto a sorpresa. Non sapevo che quel giorno fosse nominato il vincitore. È stato un fulmine a ciel sereno».

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