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"In Italia lavorano sempre i soliti registi"

Giovanna Mezzogiorno

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Attinge al classico «L'Asino d'oro» di Apuleio, storia - tra l'altro - di un soldato che veglia un cadavere, il thriller dell'anima dei registi Dino e Filippo Gentili, con la partecipazione di Giovanna Mezzogiorno. «Sono viva» (da venerdì al cinema) è uno di quei film low budget (costato circa 700 mila euro) che ha avuto i benefici di legge a cavallo tra il ministero Veltroni e Urbani, cosa che ha causato inizialmente il decadere del finanziamento, poi riattivato con molte difficoltà. Protagonista è Rocco (Massimo De Santis), disoccupato e un po' depresso, al quale un amico (Marcello Mazzarella) propone un lavoro curioso: passare la notte in una villa a vegliare una bella ragazza morta. Grazie a questo lavoro, ben pagato dal padre della ragazza (Giorgio Colangeli), Rocco incontrerà un'attraente barman (Mezzogiorno) e scoprirà il mistero che aleggia sulla giovane morta, vendicando la sua sorte. Tutto accade in una notte e all'alba, Rocco renderà giustizia alla defunta, ridando slancio alla propria vita. Mezzogiorno, cosa l'ha appassionata della sceneggiatura? «Mi ha affascinato l'atmosfera alla Dylan Dog che si respira per tutto il film. I personaggi sembrano appesi a un filo, sono irrisolti e vivono situazioni indefinite, di quelle che spesso capita d'incontrare anche nella vita. Nonostante i registi siano miei cugini, sono stata io a voler recitare di proposito in questo film». Lei partecipa spesso a pellicole di registi esordienti.  «Sono appena tornata dal festival di Cannes, dove ero giurata e dove stavolta hanno vinto due film che da noi sarebbero considerati piccoli, il thailandese "Uncle Boonme" e l'africano "A screaming man". In Francia, come nel resto del mondo, le misure non contano e piccolo non vuol dire nulla. Solo in Italia esistono i soliti registi che fanno almeno un film all'anno e sono distribuiti in 300 sale. Il sistema cinema da noi è come una piramide: chi sta in cima è protetto a prescindere dal merito». Non c'è equilibrio? «No, c'è chi riceve poco, chi molto, chi nulla. Questo è un fenomeno tutto italiano, dove viene favorita sempre una minoranza».

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