Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Il giardino dell'eccesso

Villa Lante a Bagnaia, Viterbo

  • a
  • a
  • a

Avete notato quanti ulivi ci sono in giro? Mica quelli secolari, incastrati nei terreni petrosi della Sabina. Neanche gli altri, tozzi e rigogliosi, orgoglio della Puglia. Invece c'è n'è a bizzeffe nei fazzoletti delle case country. Quelle a ridosso del Raccordo Anulare, per intenderci. Vengono importati da Spagna, Portogallo e via estirpando. Sono l'equivalente, in giardino, della vetrinetta liberty he troneggia in sala da pranzo. Danno tono, dicono. Della mania snob (ovvero sine nobilitate) per i giardini si occupa, con ironia, Umberto Pasti in un volumetto uscito per Bompiani, «Giardini e no». È un «manuale di sopravvivenza botanica», avverte nel sottotitolo l'autore, gran viaggiatore e appassionato di botanica. Il bello è che con noncuranza il Nostro traccia, di capitolo in capitolo, il catalogo del giardiniere-cafonal. Svariando dagli arricchiti agli erotomani col pollice verde. E regalando poi il ritratto del coltivatore di fiori ideale. Cominciamo in ordine alfabetico e col tipo più pericoloso, per l'altrui pazienza. Alla lettera C il Collezionista. In principio fu il sale del giardino. Se non fosse esistito non avremmo la patata (fino al Settecento era così rara che Luigi XIV se ne appuntava un fiore all'asola), la mandorla, il limone, l'arancia. Il brutto viene ai tempi nostri. Collezionista fa rima con esibizionista. Lui ti cattura ed è capace di tenerti tre ore davanti a 25 vasetti dove ha piantato le sue rarità.  «Non ti dà l'impermeabile sotto la pioggia scorsicante né un bicchiere d'acqua sotto il sole cocente», si lamenta il botanico irretito. Di mangiare, nelle sei ore di visita, non se ne parla. Nel frigo il talebano del germoglio ha stipato bulbi e rizomi al posto delle bistecche. «Il collezionista di piante - chiosa Pasti che, nomen omen, la pastasciutta non la disdegna - non mangia e se ogni tanto lo fa, va in trattoria». E veniamo alla D come Designer. Costui vive di trovate, di presunte ideone. Si chiamano statements, guai a dire diversamente. Costruisce uno spazio patinato, anche perché copia altri pubblicati dalle riviste di arredamento e a sua volta sarà fotografato. Serve alla fama dell'ideatore, che perciò deve «veicolare messaggi forti». Si lanciano titoli astrusi, come il giardino notturno di riflessi materici. Di materia ce n'è tanta, fuorché il colore dei fiori. Vade retro smeraldo, turchese, rosa fucsia, rosso. Buoni ormai solo per pesci, farfalle, serpenti. Esibisce ideazze anche il verde delle Signore. Pure loro copiano dalle riviste, quelle femminili. Le rose si chiamano burinamente come le dive, «Grace Kelly», «Gina Lollobrigida», «Shaqira». Non contente, piazzano tra le aiuole pupazzi di paglia, nidi di legno, cestini, campanelli «il cui trillo dovrebbe attirare gli uccelli, pardon, gli augelli», graffia il censore. In un crescendo di grottesco e kitsch, ecco la fenomenologia dei Nuovi Ricchi. Invece di essere fieri delle loro origini se ne vergognano. Devono rimuovere il passato. Figli di mezzadri, vivono esclusivamente in metropoli e dentro superattici o penthouses. Però possedere un giardino è attributo indispensabile. Pasti disegna alla Grozs il ritratto - dal vero - di un magnate emiliano. «Proprio calzando stivali di gomma prima di una passeggiata nel suo giardino mi prese in disparte e mi bisbigliò, facendo attenzione che i suoi altri ospiti non lo sentissero. "L'aria sciarà anca buona, ma questho mortorio di campagna l'è una bella rotura di maroni"». Non vedrete mai, in questi grandi magazzini en-plein-air, caserecce dalie, girasoli, ranuncoli. Corolle da poveracci. Le stesse che stipano - in dimensioni gigantesche, pari alla passione di chi le coltiva - i fazzoletti di terra del benzinaio, del capostazione, dell'operaia in pensione. «I giardini che preferisco - dice Pasti - gli unici esempi di spazio verde in cui intelligenza e cura dell'uomo riescono ad adeguarsi al contesto più ostile». Che lezione.

Dai blog