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Monaci e musulmani verso la Palma d'oro

Festival del cinema di Cannes, l'attrice Sabrina Quazani di

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CANNES Sulla Croisette tutto è possibile e, almeno per un giorno, lo showbiz del cinema ha lasciato il posto alla riflessione. Lacrime comprese. A cominciare da quelle di Juliette Binoche che ieri, nell'incontro stampa di «Copia Conforme» di Kiarostami, è scoppiata in un pianto irrefrenabile alla notizia del regista iraniano Panahi, il quale in carcere ha iniziato lo sciopero della fame per protestare contro la sua condizione. E per finire con un vento di spiritualità che ha commosso, tra lunghissimi applausi, pubblico e critica, grazie alla pellicola in concorso «Des hommes et des dieux» del francese Xavier Beauvois, ambientata tra le montagne dell'Atlante, nel versante algerino, in un convento di monaci benedettini francesi. Un capolavoro che, a giudicare dall'accoglienza, si è guadagnato la rosa del palmares. Se il film di Kiarostami, girato in Toscana e co-prodotto dall'italiana Bibi, racconta l'incontro sentimentale tra uno scrittore inglese (William Shimell) e una gallerista francese (Binoche), «Des hommes et des dieux» s'ispira a un fatto vero, accaduto nel 1996. Il convento cistercense di Tibhirine, in Algeria, è in armonia con la comunità musulmana ed è guidato da Frate Christian (Lambert Wilson, in concorso anche nel ruolo del conte di Chabonnes ne «La principessa di Montpensier» di Tavernier). Frate Luc (Michael Londsdale) è accettato come fosse il medico della regione, cura soprattutto donne e bambini, regalando loro scarpe dismesse e confezioni di medicine già aperte. Nell'Algeria di quegli anni crescono però il fondamentalismo e i massacri ai cristiani occidentali. Gli 8 monaci, tra cui alcuni anziani e malconci, curano persino dei terroristi feriti. Perchè agli occhi di Dio anche loro sono fratelli. Il governo locale chiede ai frati di abbandonare il convento per tornare in Francia, mentre anche l'esercito algerino li perquisisce e li accusa di collaborazione. Finché tutti vengono rapiti, dopo una sorta di poetica «ultima cena», in cui i monaci pregano e piangono in silenzio ascoltando della musica sublime. Solo il più vecchio si salva, nascondendosi sotto il letto (l'unico oggi ancora vivo). Gli altri saranno uccisi, sotto la neve, tra i sentieri di montagna, alla fine di un lungo percorso che rievoca la via crucis. L'identità degli assassini tuttora è incerta: fondamentalisti, esercito algerino o servizi segreti? Il caso è riaperto dalla corte francese nel 2003. «Sono stato attratto dalla vita e dalle scelte morali di questi monaci - ha detto Beauvois, regista 42enne, il più giovane al festival di quest'anno - In una società egoista, in cui è difficile interessarsi agli altri, è raro incontrare persone così profondamente spirituali che sanno mettere al centro l'essenza umana della fratellanza. Il mio è un film contemplativo che mostra la necessità del dialogo tra gli uomini: la politica non dovrebbe mai mischiarsi con la religione e viceversa».

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