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Quando si muovono trascinano stuoli di teenager vocianti

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SonoLuca e Diego Fainello, in arte Sonohra. Sono una vecchia conoscenza della musica italiana, avendo vinto la sezione Giovani di Sanremo 2008. Tornano con brani nuovi di zecca, raccolti nel cd «Metà». E li presentano con un tour che si ferma domani al Gran Teatro. Luca Fainello, nelle nuove canzoni contenute in «Metà» si sentono influenze pop e rock. Vi sentite più maturi oggi? Dai tempi di Loveshow siamo cresciuti. Abbiamo una maggiore consapevolezza dei nostri mezzi e tutto questo si rispecchia anche negli spettacoli. Che tipo di show avete preparato per la Capitale? Sarà uno spettacolo in cui mescoleremo brani vecchi e nuovi. Cominceremo con una parte elettrica e poi andremo sull'acustico con due chitarre. Abbiamo preparato un set che lascerà molto spazio all'improvvisazione blues. Sarà una specie di ritorno alle origini, quando eravamo «on the road». La vostra carriera è iniziata suonando a tappeto nei piccoli club attorno al lago di Garda. Oggi cosa resta di quegli anni? Praticamente tutto. È stata una palestra di vita che ci portiamo dietro ancora adesso. Abbiamo fatto la classica gavetta e siamo stati una delle ultime band emerse attraverso questa strada faticosa e preziosa. Cosa pensa dei talenti che nascono direttamente negli studi televisivi, saltando passaggi fondamentali e arrivando subito alla grande celebrità? C'è il rischio che tra loro ci sia qualcuno che duri poco. Insomma non sono stati abituati a trattare col pubblico dal vivo e questo, alla lunga, si fa sentire. Noi siamo per la musica dal vivo. Sempre e comunque. Il vostro amore per la musica live si fa sentire anche nel nuovo «Metà». Sembra proprio non vogliate correre il rischio di essere scambiati per una boyband qualsiasi o sbaglio? Sono canzoni molto più rock rispetto alle precedenti e risentono di tutte le esperienze che abbiamo fatto all'estero. A proposito di estero. Il vostro cd è stato registrato nei mitici studi Abbey Road di Londra, da dove sono passati anche i Beatles. Cosa si prova a suonare in quegli ambienti? È stata un'esperienza irripetibile. Eravamo emozionatissimi e per noi è stata una gran fortuna. Lì si respira davvero la storia della musica. Basti pensare che al piano di sotto abbiamo incontrato Brian May. Così, come se niente fosse. Noi due siamo andati in apnea. Senza contare i tecnici, di una professionalità senza precedenti. «Metà» uscirà anche in Giappone e il vostro nome comincia a circolare con insistenza anche in Sud America. Come spiega il vostro successo fuori dai confini nazionali? Noi italiani siamo amati ovunque ma certamente è anche merito nostro che abbiamo sempre avuto un'attenzione particolare alla scena internazionale. L'ultimo Sanremo non è stato proprio un successo. Cos'è che non ha funzionato? Eravamo stanchi e il pubblico se n'è accorto subito. Ora comunque ci rimboccheremo le maniche. Ricominciamo da qui».

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