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Referendum e Festival, il comune destino dei Savoia

Valerio Scanu e Emanuele Filiberto nella serata finale del Festival di Sanremo

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Un comune destino sembra unire Emanuele Filiberto e i suoi avi di casa Savoia. Vincitori, anzi no. Sconfitti dagli italiani o in nome del politicamente corretto? Certo il nonno del principe canterino non l'aveva presa bene. Del resto De Gasperi, dicono i bene informati, gli aveva assicurato la mattina del 5 giugno del '46 che aveva vinto il referendum. Poi in serata il ministro Romita aveva mandato per traverso ai monarchici le bollicine di spumante affermando il contrario. I monarchici erano scesi nelle piazze, scontri e morti. Per trovare un fan del discendente dei Savoia sabato sera non sarebbe bastata una caccia al tesoro con premio milionario. Al principino canterino nessuno aveva detto nulla. Anzi. Quando l'avevano ammesso alla finale, l'Ariston si era trasformato in una bolgia. Gli orchestrali avevano lanciato gli spartiti. Meno male che non erano passati prima al mercato. Così quando Emanuele Filiberto è salito sul palco nulla sapeva dei minuti concitati che avevano preceduto la compilazione del verdetto finale. Così ringraziava, faceva gli auguri al vincitore per la felicità di mamma Clerici, rassicurante come una pettoruta casalinga romagnola. Come sospettare che qualcosa non fosse andato per il verso giusto? Eppure l'ultima ora di Sanremo ha tutti gli elementi del giallo. Alle 23,39, il trio è in vantaggio. Seguono 50 minuti di televoto. Scanu raccoglie oltre 97 mila preferenze. Al principe vanno solo 1.300 voti. Evidentemente tutti i suoi simpatizzanti erano andati già a letto. Colpa dell'età, degli acciacchi. O forse delle belle abitudini di una volta: presto a dormire e sveglia all'alba. Ma i tempi sono cambiati per tutti. Così ora Emanuele Filiberto, dubita, tentenna - anche lui, vizio di famiglia – sul da farsi. Forse, pur in maniera regale, sembra pensare: mi avranno fregato? Non lo sapremo mai. Così come nessuno ha rivisto le schede del '46, nessuno riconterà gli sms. Del resto per quei critici rumorosi lui a Sanremo non doveva andarci. Nemmenò per un salto al casinò.   Sicuramente avrebbe perso anche alla roulette tanto più se si fosse affidato al suo compagno di avventura, Pupo. Lui è un maestro del gioco. A perdere. Non poteva pensare di vendicare a Sanremo un torto lontano. Non sarebbe stato politicamente corretto. Uno sgarbo a De Gasperi, Togliatti ecc. C'è da giurarci che Santoro ci avrebbe fatto una trasmissione. E Travaglio avrebbe tirato fuori il telefonino di una signora Teresa con le prove della manomissione da parte del vicino di casa, nipote di un cavaliere di Vittorio Veneto. Qualche pm avrebbe indagato Berlusconi: non poteva non sapere. Si consoli Emanuele Filiberto, se gli hanno tolto la corona di re della canzone sicuramente nessuno lo accompagnerà oltre Ventimiglia per cantare Italia amore mio. Uno sgarbo simile agli amici francesi non lo farà nessuno. Nemmeno Di Pietro.  

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