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Addio ai vecchi leoni ma le nuove leve non sanno convincere

Toto Cotugno al Festival di Sanremo 2010

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L'esclusione, per ora non definitiva, di tre veterani del festival (Cutugno, Pupo e D'Angelo) sembrerebbe in qualche modo favorire il tanto atteso svecchiamento del cast sanremese. Il pubblico, in sostanza, anche quello conformista e non di primo pelo come quello di Raiuno, mostra segni di stanchezza nei confronti di certi volti e certe voci. Una scelta ben documentata dalla Rai che ha dichiarato dati e cifre relativi all'aggancio del pubblico giovane. Tutto questo, a fronte di un avanzamento delle quote in gara ormai appannaggio dei cantanti provenienti dal settore talent. L'effetto immediato di tutto questo sarà presumibilmente il pre-pensionamento di certi cantanti e di tutto un mondo canoro. Fin qui niente di male, ma a favore di chi? L'universo talent, attivo fin dal 2001, ha mostrato da subito i propri limiti: da "Amici" a "X Factor" è apparso chiaro fin dall'inizio che laddove era possibile creare celebrità (per lo più effimera) non era altrettanto sperabile in una costruzione di carriera, in una parola di un supporto del pubblico considerevolmente lungo. Al contrario, a beneficiare della vasta popolarità di queste trasmissioni sono stati principalmente conduttori e giudici, a cominciare dal famigerato Morgan che non ha mai lavorato tanto come in questo periodo. Centoventi serate solo la scorsa estate, scaturite non certo dalla sua creatività, da una rinnovata perizia strumentale, da una vena compositiva particolarmente feconda o da un disco di notevole profondità.   No, semplicemente da una cospicua serie di esibizioni tv, spesso degenerate in litigate. Altro limite dei giovani cantanti emersi dai talent è quello di confondere la tv con la musica. In questi anni devo dire che qualcuno ha finito per incuriosirmi e tutte le volte che ho chiesto approfondimenti - cioè ascoltarli dal vivo, possibilmente in un concerto e non in uno studio televisivo per tre minuti - ho ricevuto delle risposte evasive, come se quella non fosse la parte più nobile del loro mestiere. Per alcuni di questi ragazzi la musica non si fa su un palco, come dovrebbe essere, ma in uno studio tv. Tutto questo sta creando dei danni, una confusione senza limiti da cui sarà arduo venirne fuori. Una cosa è accettare il cambio o la sparizione del supporto discografico, o magari di tutta la classe dei discografici, altra cosa è mutare lo specifico di questo mestiere, taroccando esageratamente e evitando ogni rischio. Dunque ben venga lo svecchiamento, anche sulla pelle e sulla carriera di qualche vecchio leone, ma l'impressione è che la cura sia peggiore del male.  

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