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Quel filo blu per ritrovare una madre

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Corbaccio):è la storia, vera, di una ragazza argentina che scopre a ventisette anni di essere figlia di desaparecidos. Una testimonianza sincera, coraggiosa e molto commovente di una giovane donna, Victoria Donda, che quando scopre la verità sulle sue origini è già impegnata politicamente (come se il destino fosse scritto nel suo sangue) in un movimento di sinistra che aiuta i poveri di un sobborgo della città. Si chiama Analìa, tacchi alti e capelli neri e ricci. Analìa è il nome che ha ricevuto dai suoi genitori adottivi Raul e Gracelia che lei pensa siano i suoi veri genitori. Viene avvicinata da alcune persone che lavorano per l'associazione delle «Nonne di Plaza de Mayo» che con molta delicatezza le fanno capire che lei è, invece, figlia di una coppia di desaparecidos, Josè Maria e Cori Donda, sequestrati, torturati e uccisi nel 1977 alla Scuola di meccanica dell'esercito (Esma). Responsabile della loro triste sorte Adolfo Dondo Tigel fratello e cognato delle vittime, capitano di marina e capo dei servizi segreti. Cori all'epoca dell'arresto era incinta di cinque mesi. La bimba nacque all'Esma. Con un gesto che riflette il suo coraggio, chiamò la piccola Victoria e le cucì nei lobi delle orecchie dei sottili fili blu nella speranza che un giorno qualcuno potesse riconoscerla. La bimba fu sottratta alla madre e fatta adottare a una coppia vicina alla dittatura (lui in seguito sarà accusato di aver lavorato in uno dei centri di detenzione clandestini più noto). Il libro racconta nei dettagli il lungo percorso che Analìa-Victoria fa per riemergere e accettare questa sconvolgente verità. «Non si può vivere nella menzogna - scrive - la verità, per quanto dolorosa è una condizione indispensabile per la vita. La verità afferma l'esistenza, è la condizione per essere se stessi». È il pensiero della madre che l'ha partorita in carcere continuando a combattere per ciò in cui credeva che le fa superare la prostrazione e asciugare il volto dopo un lungo pianto. «Così da quando ho saputo chi ero e da dove venivo ho cambiato per sempre il mio nome: sono Victoria Donda. E basta» Nat. Pog.

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