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Resca: «La visita dev'essere divertente Un'attrazione per i ragazzi e le famiglie»

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.La «fistula plumbea» è un semplice tubo di piombo. Ma allora perché chiamarlo così? Risposta semplice: perché le persone «normali» non devono capirci un tubo. «Sulle targhette dei musei troviamo il "tavolo ligneo" e il "capo muliebre", cioè un tavolo di legno e una testa di donna. Basta usare questi termini da addetti ai lavori!», s'infuria l'altrimenti imperturbabile professor Broccoli, tanto che sembra dovergli esplodere il nodo della cravatta. Però ha ragione, ragione da vendere. Perché dei musei italiani, che sono i più belli del mondo, spesso ai visitatori restano solo un bel mal di piedi (per cronica assenza di panche) e molti dubbi. Non perdona l'indagine promossa dall'Associazione Civita «L'archeologia e il suo pubblico», a cura di Adriano La Regina e realizzata con il contributo di Boeing. Messi sotto il microscopio i romani Musei Capitolini e Villa Giulia, il Museo dei Fori Imperiali nei mercati di Traiano, e poi anche il Museo Etrusco di Cerveteri, l'area archeologica di Paestum e i musei archeologici nazionali di Napoli e di Firenze. Il pubblico trova strepitose le opere (e come potrebbe essere altrimenti, roba da sindrome di Stendhal), di buon livello allestimenti e servizi, soprattutto accoglienza e biglietteria. Ma esprime un giudizio negativo nei confronti del modo in cui i musei comunicano: dai pannelli informativi alle guide e audio guide. L'identikit del «turista archeologico» indica un pubblico soprattutto di donne (56,4%) di età compresa tra i 25 ed i 44 anni, con un'istruzione di alto livello (il 37,1% è diplomato, più del 46% con una laurea) e passione per la cultura. Si tratta prevalentemente di impiegati (25,2%) liberi professionisti (14,4%) e studenti (17,7%) oltre che disoccupati (10%) e operai (8,5%). Un pubblico colto e anche affezionato, visto che l'80% degli intervistati ha dichiarato di volere tornare nel museo appena visitato. Tutto è raccolto in un volumetto edito da Giunti al quale hanno collaborato fior di professori e comunicatori, come Andrea Carandini e Piero Angela e che (si spera) spronerà i musei italiani ad essere più chiari e coinvolgenti. «La noia - ha sentenziato Piero Angela - è nemica della cultura».

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