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Renzo e Lucia alla Scala

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Renzo e Lucia interpretati da Stefano Scandaletti e Michela Macalli

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C'è chi giura di averli visti, gli sposi (sì, guarda bene, sono proprio loro…), sfavillanti nei loro costumi tradizionali. Ma forse è solo la fantasia che corre. Troppo. Figuriamoci… Renzo e Lucia che ti fioriscono davanti in carne ed ossa da "quel ramo del lago di Como" in un palco della Scala, a Milano, il 25 maggio 1874! Ma è un giorno importante, è un giorno a cui tengono. Sono due personaggi venuti a cercare il loro Autore. Anzi a commemorarlo, direttamente dal Seicento. Perché oggi tutta la Milano che ama l'arte, la letteratura, la musica ricorda Alessandro Manzoni, il Grande Lombardo, ad un anno dalla morte. Giuseppe Verdi ha composto per lui la "Messa da Requiem", eseguita per la prima volta nella Basilica di San Marco e dopo rappresentata in quello che è l'italico tempio della musica, da quando, il 3 agosto 1778, fu inaugurato da Maria Teresa d'Austria, sovrana illuminata. Un trionfo questa "Messa" celebrativa. "Il Trovatore", che è uno dei giornali più letti dai melomani scrive: "Questa settimana il primo posto nella cronaca spetta alla Messa di Verdi, che si è data tre volte alla Scala con incassi eccezionali. La prima esecuzione, diretta dallo stesso Verdi, ebbe un successo di entusiasmo: tre pezzi furono bissati e alla fine della Messa il pubblico pareva impazzito. Gli applausi andarono alle stelle e Verdi ebbe un numero incalcolabile di chiamate". C'è chi giura di averli visti, Renzo e Lucia, proprio come sbocciano dalle pagine del Manzoni nella loro mattina nuziale, in quello che dovrebbe essere un giorno pieno di felicità e che invece è il primo di una lunga odissea. Guardiamoli. Lui, "in gran gala, con penne di vario colore al cappello, col suo pugnale dal manico bello nel taschino de' calzoni", ha impressa in faccia un'aria di festa e al tempo stesso di "braverìa", com'è comune, a quel tempo, "anche agli uomini più quieti". Lucia, con "i neri e giovanili capelli, spartiti sopra la fronte con una bianca e sottile dirizzatura" e "ravvolti dietro il capo in cerchi molteplici di trecce, trapassati da lunghi spilli d'argento, che si dividono all'intorno, quasi a guisa de' raggi d'un'aureola", è proprio uno splendore. Per l'occasione, poi, ha intorno al collo "un vezzo di granati alternati con bottoni d'oro a filigrana" e indossa "un bel busto di broccato a fiori, con le maniche separate e allacciate da bei nastri", "una corta gonnella di filaticcio di seta, a pieghe fitte e minute", "due calze vermiglie, due pianelle, di seta anch'esse, a ricami". Chi dice di averli visti alla Scala, li descrive così abbigliati, e non potremmo immaginarceli diversamente. Perché il "Requiem" non deve spargere tristezza all'intorno, ma trasmettere il senso della grandezza che va oltre la morte, dunque evocare una dimensione immortale. Renzo e Lucia oscuramente l'avvertono. Sono poveri e incolti, ma belli, ed anche nell'animo. Che si è fatto più saldo e maturo, come, del resto, i loro sentimenti. E proprio grazie a Milano, dove mai e poi mai i due avrebbero pensato di andare, lontano dai loro monti "sorgenti dalle acque, ed elevati al cielo". Già, Milano. Davvero imponente "quella gran macchina del Duomo", quell'"ottava meraviglia", eppure il Resegone, che si scorge in lontananza, tra la "cresta frastagliata delle montagne", fa sussultare il cuore di Renzo, appena arrivato in città. Milano, la carestia, i tumulti, il nostro baldo giovanotto che in un'osteria beve un po' troppo e tira fuori parole da rivoltoso, e poi la fuga, e la Lombardia straziata dalla guerra, e i Lanzichenecchi, e la peste… Ma Renzo e Lucia alla fine si rivedranno, e tutti e due cresciuti. Renzo lo dice esplicitamente, con la consueta, franca irruenza: "Ho imparato a non mettermi nei tumulti; ho imparato a non predicare in piazza; ho imparato a guardar con chi parlo; ho imparato a non alzar troppo il gomito" ecc. ecc. Lucia guarda con tenerezza quello sposo che ora la "predica" la fa in casa e sorridendo dice la sua: "Cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me" e aggiunge "soavemente": "Quando non voleste dire che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettervi a voi". Già si vogliono tanto bene Renzo e Lucia e hanno una nidiata di vivacissimi pargoli. Probabilmente è Agnese a dar loro un'occhiata, mentre, in un palco della Scala, gli sposi, guardandosi di tanto in tanto negli occhi, si abbandonano alla musica e ai ricordi.

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