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Ora capisco perché Visconti la chiamava «la nostra 007»

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Comemigliore attrice avevo scelto Romy Schneider. L'avevo conosciuta a Parigi nel '61 insieme con Luchino Visconti e Alain Delon, con i quali aveva recitato in "Peccato che sia una sgualdrina", il celebre dramma elisabettiano di John Ford. Dopo lo spettacolo Luchino ci aveva invitati a cena ed io, seduto vicino a lei, pur avendola molto apprezzata sulle scene, la guardavo ammirato soprattutto pensando a quei film in serie in cui aveva ridato vita, come dal vero, a "Sissi", la sventurata imperatrice Elisabetta d'Austria. Al suo fianco mi era anche piaciuta molto sua madre, Magda Schneider, che impersonava proprio la madre di Sissi, la duchessa di Baviera. La conversazione così, tra lei e me, si svolse soprattutto su quella circostanza abbastanza singolare. In cifre, curiosamente, solo casa e famiglia. A Napoli, invece, dopo la premiazione al teatro San Carlo, una cena tra lei e me di un tono quasi opposto. Intanto non in un ristorante (era l'anno del colera), ma in una saletta dell'albergo, praticamente a quattr'occhi. Erano i tedeschi a preoccuparla. I tanti del cinema che aveva appena incontrato in palcoscenico, Schlöndorf, Herzog, Fassbinder, e che, come lei, si muovevano tra mille impacci fra le due Germanie, la Federale in cui vivevano e la cosiddetta Democratica in cui, spesso, avevano lasciati familiari ed amici. "Un taglio così netto - mi disse - che m'è toccato persino di vedere il cimitero di un villaggio tagliato in due, con il confine in mezzo!" I suo rammarico lo acuiva il fatto che molti, di sinistra come lei, stentavano a vedere gli errori di quelli dell'altra parte. Aveva finito da poco di interpretare a Parigi un film con Yves Montand ("César et Rosalie" tradotto da noi "È simpatico ma gli romperei il muso")ed aveva faticato non poco a convincere Montand: "Dicendo male di quegli altri temeva di non essere abbastanza comunista..". Sento adesso che aveva la Stasi alle calcagna. Mi è venuta in mente quella sera di Napoli ed anche tutte le cose che non mi aveva detto. Ma che mi aveva lasciato intuire. E mi son ricordato di Luchino quando, senza che me lo spiegasse, la chiamava "la nostra 007".

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