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Quel pittore nobilissimo chiamato Sandro Chia

Una delle opere di Chia

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Una pittura dagli effetti speciali, scoppiettante e spettacolare come i fuochi d'artificio, ma forse troppo limitata ad una visione di superficie destinata ad incantare gli occhi senza scendere in profondità. Così le astute e fantasmagoriche narrazioni dipinte da Sandro Chia, già protagonista di spicco della Transavanguardia, approdano in pompa magna nei saloni della Galleria Nazionale d'Arte Moderna e contemporanea con la mostra intitolata «Della pittura, popolare e nobilissima arte». È la prima grande antologica dell'artista fiorentino in Italia, un evento che ribadisce il suo successo attuale, dopo la partecipazione peraltro molto discussa al Padiglione italiano della Biennale di Venezia appena conclusa. La rassegna non segue un andamento cronologico, rifiutato da Chia anche a livello scaramantico, ma raggruppa opere di anni diversi secondo quattro grandi temi: «Figure Ansiose», «Figure Titaniche», «Figurabile» e «Figure ad Arte».  Tutto ruota intorno ad un'idea ambiziosa di figurazione nata da un amore sviscerato verso la pittura, con le sue infinite possibilità. «Nella mia opera – ci dice Chia – tutto parte dalla piacevolezza e dalla sensualità, mai dalla pura provocazione». Lo confermano i 56 dipinti e le 5 sculture in bronzo che compongono la mostra dando conto di un percorso creativo quasi quarantennale. E così l'artista fiorentino esalta una specie di coerenza dell'incoerenza, un eclettismo stilistico che lo porta ad impadronirsi delle forme di mille altri artisti: da Van Gogh a Matisse, da Picasso a Chagall, da Leger ai futuristi. «Ma una delle sue qualità – commenta Achille Bonito Oliva, curatore della mostra – è quell'ironia che ha messo in crisi la freddezza concettuale. Nella sua pittura si realizza un intreccio imprevedibile fra Picasso e Duchamp, con un'idea forte della figura e della forma». Ne emerge così una creatività innervata dalla voglia di un gioco perenne, che rimescola le carte del cinema (l'allarmante opera «Ossa, cassa, fossa» con un uomo con la gamba di legno che attende un fantomatico nemico), della mitologia (i suoi Titani o la visionaria reinvenzione di «Atteone sbranato dai cani»), dell'arte sacra (il suo San Sebastiano trafitto eppur beato). Alla fine però si esce storditi e confusi da uno spettacolo di fuochi d'artificio fin troppo rumorosi.

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