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Quando l'inverno cerca di fare rima con le anime gemelle

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Dieciincontri occasionali e fugaci, sempre in inverno, il più delle volte in una Venezia marginale, nebbiosa e piovosa, qualche volta in una Mosca coloratissima dove Camilla si è trasferita per perfezionare i suoi studi di slavistica e dove ha trovato il tempo di intrecciare una relazione con un russo. A priori una trovata. Che difatti ha fatto entrare subito il soggetto tra i finalisti del Premio Solinas. L'ha portato poi sullo schermo Valerio Miele esordendo nel lungometraggio ma già con vari corti al suo attivo dopo studi di cinema a Roma e a New York e una laurea in filosofia. Due personaggi ben disegnati al centro. Camilla, in arrivo dalla campagna, all'inizio un po' timida e impacciata, Silvestro, più intraprendente ma, come lei diciottenne, frenato dall'inesperienza anche se gliela riscaldano presto quei sentimenti che comincia a provare per l'altra, ancora incerto, sulle prime, se definirli amore. I capitoli si susseguono. In primo piano il lento, progressivo dipanarsi degli atteggiamenti di entrambi nei reciproci confronti. Fra attrazioni, ripicche, equivoci, fraintendimenti e a un certo momento anche distacchi. Attorno oltre a figure minori di amici e conoscenti, mai però secondari e, quelle cornici naturali che danno il titolo al racconto: degli inverni che suggeriscono via via scorci veneziani sempre diversi, del tutto insoliti comunque, e che finiscono per proporsi come un vero e proprio personaggio, non meno importante del duetto al centro. Il grigio, la pioggia, l'acqua alta, solo di sfuggita piazza San Marco, perchè il resto spazia soprattutto fra calli periferiche e canali fin qui ignorati dal cinema. La cifra è l'amore. Cova, incombe, via via si propone finendo, ma solo da ultimo, per farsi accettare. Senza nessun sentimentalismo, però (intenzionalmente tutti quegli sfondi veneziani si sottraggono a climi romantici). Mentre, analizzate da vicino, si evolvono sempre in modo sommesso le psicologie dei due. Con accenti sospesi, delicati, trattenuti. Rifuggendo da ogni possibile effetto. Le ricreano, e le manifestano, due interpreti che meritano l'applauso, Isabella Ragonese e Michele Riondino. Il cinema italiano che vince. Con i giovani.

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