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Bocelli: "Così canto la fede"

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FORTE DEI MARMI - «Quando da bambino assistevo alla Messa della Vigilia e capitava un parroco eccentrico, ci rimanevo malissimo se non faceva eseguire "Tu scendi dalle stelle".Lo consideravo un oltraggio». Sarà anche per questo che Andrea Bocelli ha voluto inserire quella che lui considera la «canzone natalizia italiana per eccellenza» tra le 16 tradizionali dell'album "My Christmas", in uscita oggi nel nostro Paese ma già al secondo posto nelle classifiche Usa (dietro il rocker Bon Jovi) con più di 250mila copie vendute. In America il disco sotto l'albero è da sempre un passaggio obbligato per le superstar della musica, jazz, pop o lirica che sia. Quest'anno ci ha provato perfino Bob Dylan, ma il risultato è stato spiazzante. Il tenore toscano è appena tornato da Chicago, dove ha registrato uno special tv con Oprah Winfrey duettando con Mary J.Blige, una delle star che cantano con lui nel disco. Le altre sono Natalie Cole, Katherine Jenkins, la rivelazione sanremese Malika Ayane e addirittura gli irresistibili pupazzi del Muppet Show. C'è anche, su "The Lord's Prayer", l'intervento maestoso del Mormon Tabernacle Choir: 450 elementi per una preghiera ecumenica che in America, spiega Bocelli, «può essere ascoltata come un dialogo interreligioso. Io non canterei mai nulla che contrastasse il mio credo di cattolico, pur non nutrendo alcun pregiudizio contro le altre fedi. Ho abbracciato Cristo sin da quando ero piccolo, e anche se nell'adolescenza ho avuto delle distrazioni, ho ripreso il mio percorso spirituale prima che fosse tardi». Perché, insiste lui, la presenza di Dio «è una scommessa vinta, in una vita che senza fede può essere solo disperazione. Ci vuole più coraggio a non credere, a ritenere che siamo figli del caso e non di una creazione intelligente. Il cristiano - sottolinea Andrea - deve essere coerente, altrimenti si scade nel relativismo, come ricorda il Papa». Da Ratzinger sarà domani, nell'udienza riservata agli artisti nella Cappella Sistina. «Se Benedetto XVI chiama, si va. La prima volta che lo incontrai, nella Sala Nervi, sapendo della sua predilezione per Mozart intonai "Ave Verum"». Lo inquieta la sentenza della Corte Europea sul crocifisso: «Nel rispetto dei laici, degli atei e delle altre confessioni, imporre di eliminarlo dalle aule scolastiche è provocazione. La nostra cultura e le nostre tradizioni nascono dal sangue versato dai patrioti 150 anni fa, e vanno salvaguardate: amo l'idea di una società in cui non si tolgano elementi, ma si aggiungano». Il disco è stato registrato in parte a Los Angeles (dove Andrea a marzo verrà onorato della "stella" sul marciapiede dei divi davanti al Kodak Theatre), a Salt Lake City e a casa del cantante, a Forte dei Marmi. Fuori stagione, ovvio. «Io e il produttore David Fostercercavamo di ispirarci al Natale fingendo di sentire freddo in agosto, anche per un'intervista sul dvd. Ma ci fregava il mio cane, che era sempre con la lingua di fuori per il caldo». In un'agenda che prevede subito il tour natalizio negli Stati Uniti, Bocelli non sa dove collocare un'eventuale proposta per la serata "leggenda" di Sanremo. «Nel caso, mi piacerebbe reinterpretare "Ancora" di Eduardo De Crescenzo: era una perla in un periodo di scarsa creatività collettiva. Quanto all'idea delle canzoni in dialetto al Festival, è divertente, mostra la nostra ricchezza. Soffro ogni volta che devo rinunciare alle mie intraducibili espressioni toscane». L'immagine dell'Italia all'estero è deteriorata? «Al contrario, è molto più prestigiosa di vent'anni fa, quando ho cominciato a girare il mondo. Se noi abbiamo la mafia, ogni Paese ha i suoi guai». Agli aspiranti cantanti lirici nei talent show manda a dire che «occorre studiare, altrimenti si resta dilettanti senza curriculum». Lui, per non perdere il passo, ha appena registrato in cd il "Faust" di Gounod: l'opera doveva andare in scena a Palermo, «ma l'orchestra era in sciopero e incidemmo la prova generale. Per fortuna - sospira - era venuta bene».

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