Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

"In Italia è difficile lavorare in teatro"

L'attrice Eugenia Caruso

  • a
  • a
  • a

Gli attori che riescono a lavorare in Italia sono sempre gli stessi, c'è poca trasparenza e la cattiva abitudine di dare una possibilità solo ai raccomandati, in funzione di logiche tutt'altro che culturali. Insomma, giovani italiani se volete fare gli attori cambiate idea a meno che non conosciate qualcuno e che conti davvero. Eugenia Caruso a questo appello non ha voluto rispondere e mettendosi in valigia la sua tenacia è partita per la metropoli europea per eccellenza Londra: «Oggi dopo anni di studio di cui quattro alla East 15 Acting School, di soddisfazioni me ne sono tolta tante. Prima il lavoro, da subito tanto, e poi il premio stage come miglior attrice al festival di Edinburgo del 2007 per il ruolo di Kalatljine nel dramma Truckstop».   Come sei stata accolta dagli inglesi? «Londra mi ha dato tanto, ero giovanissima quando mi sono trasferita e pur dovendo affrontare le difficoltà della lingua i risultati sono arrivati quasi immediatamente».   E l'Italia? «Quando ho finito il mio percorso di studi avevo intenzione di ritornare in Italia per iniziare la mia carriera lì. Ma immediatamente mi vennero offerti dei lavori e decisi di restare. Ero convinta che avrei fatto qualche esperienza e sarei tornata a casa, ma alla fine ogni volta che mi affacciavo sul panorama italiano capivo che di lavorare non se ne parlava e cosi rimandavo il mio ritorno, perché a Londra gli spettacoli si susseguivano. Non ho avuto altra scelta, mi sono rassegnata e ho capito che l'unica strada era quella di restare in Inghilterra». Un cervello in fuga o questione di opportunità? «Non so quale sia la verità, di certo non è la volontà a mancare. Ogni qual volta che c'è un progetto nel quale si senta solo l'odore d'Italia mi ci butto. Prossimamente inizierò una tournée in molte scuole italiane e sto seguendo un progetto bilingue. Però bisogna scontrarsi con la realtà: a Londra ci sono teatri pronti ad ospitarci, in Italia entri in un labirinto di complicazioni che spesso si trasforma in un no». Spero non c'entri la politica? «Un no comment, da brava inglese».   Non tutti i progetti però riescono? «Certo tuttavia quello che amo della Gran Bretagna è l'attenzione che viene data al nuovo, se hai idee, capacità e voglia di fare hai tutti gli strumenti per riuscire. E non devi correre sempre con il vento a tuo sfavore. Basti pensare al mio nuovo progetto, con un amico e collega davanti ad un tea rigorosamente inglese ci siamo dette perché non fondiamo una compagnia e cosi da lì a poco è nata. Questo è quello che intendo, quando parlo di un sistema capace di accogliere idee innovative».   Addio Italia? «No questo mai. Il mio cuore mi impone di lasciare sempre aperto il cassetto di questo sogno. Ma la mia testa sa che finché questa cultura teatrale prevaricherà in Italia, spazio ce ne sarà sempre poco».  

Dai blog