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Lenny Kravitz, anima calda del rock in continua evoluzione

Lenny Kravitz

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Il calore del soul, l'energia del rock e l'orecchiabilità del pop hanno trovato una riuscita sintesi nella musica di Lenny Kravitz, stasera in concerto alle 21.30 al Palalottomatica. L'artista statunitense recupererà la data del tour che avrebbe dovuto tenere a Roma il 5 giugno e che è stato rimandato a causa di una forte laringite, che gli impediva di esprimere al meglio le sue notevoli doti vocali. Una ghiotta occasione per ascoltare dal vivo un artista sulla cresta dell'onda da vent'anni, capace di vendere trentotto milioni di dischi e di rinnovarsi continuamente, album dopo album. La sua ultima fatica, «It's time for a love revolution» del 2008, è stato definita dalla prestigiosa rivista Rolling Stone «il miglior album che Lenny Kravitz abbia mai fatto, un misto viscerale di rock classico anni Sessanta e anni Settanta, confezionato con grande esperienza». Influenze che risultano evidenti in «I'll be waiting», «Bring it on» e «Love, love, love», i primi tre singoli estratti, canzoni in cui sono forti gli echi di artisti come Jimi Hendrix, Prince e Sly & the family Stone. D'altra parte la contaminazione è insita nei geni di Leonard Albert Kravitz, da tutti conosciuto come Lenny, nato da padre ebreo americano, il produttore Sy Kravitz, e da madre originaria delle Bahamas, Roxie Roker, attrice molto nota per aver interpretato Helen Willis nel telefilm «I Jefferson». A differenza di tanti artisti afroamericani, la sua infanzia non ha come teatro il ghetto ma prima le eleganti strade di Manhattan e poi di Beverly Hills, dove frequenta il college insieme all'inseparabile amico Saul Hudson, che in seguito diventerà Slash dei Guns ‘n' Roses. Nei primi anni di carriera Lenny si fa chiamare Romeo Blu ma per il suo esordio discografico «Let love rule», pubblicato nel 1989,torna al suo vero nome di battesimo. L'album piace molto sia al pubblico che a Madonna, tanto da incidere una cover molto piccante di «Justify my love». Anche il successivo «Mama said» ottiene un buon riscontro ma è il terzo disco «Are you gonna go my way», trascinato dalla title-track, a proiettarlo definitivamente nell'olimpo delle superstar. Nel 2000 è tempo per un primo bilancio con l'uscita di «Greatest hits».

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