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Chirurgia plastica e depressione tra le possibili cause. Ben Ammar: "Jacko ipocondriaco, i medici ciarlatani"

Michael Jackson

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Il desiderio irrefrenabile di apparire un eterno ragazzo, l'indiscusso Peter Pan della musica pop. Ad uccidere Michael Jackson, stroncato da un infarto all'età di 50 anni, anche la sua dipendenza dalla chirurgia plastica: un ricorso continuo ai ritocchi che ne ha completamente modificato la fisionomia, fino a mutarne addirittura il colore della pelle.   Le operazioni - «Sottoporsi continuamente ad interventi, varcare ripetutamente le porte della sala operatoria - conferma Antonio Rebuzzi, docente di cardiologia all'università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Gemelli di Roma - finisce infatti, complici le molteplici anestesie, per danneggiare il cuore». Anche perchè «un intervento di chirurgia plastica è un'operazione a tutti gli effetti, che a volte può produrre anche conseguenze gravi, ad esempio dando luogo ad embolia polmonare». Nel caso del re del pop, poi, i ritocchi erano da anni sistematici, «ed è facile che il cuore ne abbia risentito». Provato, probabilmente, anche dal continuo ricorso ai farmaci: Jacko, a detta di chi gli stava accanto, sembrava averne sviluppato una vera e propria dipendenza. Tra i medicinali che sembrava consumare a man bassa, gli antinfiammatori con cui metteva a tacere i dolori che lo affliggevano, soprattutto il mal di schiena degli ultimi tempi. «Ed è noto - sottolinea Rebuzzi - che alcuni di questi farmaci inducono un aumento della pressione arteriosa», un nemico giurato del cuore.    Eccessi - A stroncare la sua vita e una carriera che sarebbe dovuta culminare nell'ultimo tour in programma, potrebbero essere stati anche eccessi proibiti. «Non so se Jackson consumasse cocaina - sottolinea il cardiologo - ma quel che posso dire è che l'uso di 'polvere bianca' danneggia il cuore, e può anche indurre a infarto acuto». Qualora il re del pop facesse uso di cocaina, «questo vizio - stima Rebuzzi - può aver prodotto molti più danni di tutti gli altri eccessi messi insieme», dai ritocchi continui all'abuso di farmaci. Depressione - Non deve averlo aiutato, poi, la depressione con cui Jacko sembrava costretto a fare i conti da anni. Il male oscuro aveva contribuito alla sua vita da eremita, lontano da tutti e anche dai fan, quasi spaventato, almeno all'apparenza, dal contatto con la gente. «Alcuni studi - evidenzia il cardiologo - hanno dimostrato che i depressi reagiscono peggio all'infarto, e sono maggiormente a rischio recidive». Se alle prese con il mal di vivere, in altre parole, per un paziente è più complicato tenere a bada un cuore malconcio. Proprio come quello dell'icona indiscussa del pop, che lo ha tradito alla vigilia del suo ultimo e attesissimo appuntamento con il pubblico.   «Lui ipocondriaco, i Medici ciarlatani» - L'ex produttore ed amico di Michael Jackson, Tarak Ben Ammar, ha accusato i medici che seguivano la popstar di essere «criminali e ciarlatani» che hanno tratto vantaggio dalla sua ipocondria. «E' chiaro che in questa situazione i criminali sono stati i medici che lo hanno curato nel corso della sua carriera, che hanno distrutto il suo volto, che gli hanno dato medicine per alleviare le sue sofferenze», ha dichiarato alla radio Europe 1. «Era ipocondriaco e nessuno poteva capire se fosse realmente malato, perchè era circondato da medici ciarlatani che gli spillavano migliaia di dollari per vitamine e medicine», ha spiegato il produttore musicale. Secondo Tarak Ben Ammar, Jackson, che assumeva regolarmente sonniferi, è morto a causa di un infarto «perchè prendeva ogni sorta di medicina», ma il produttore assicura di non averlo mai visto assumere droghe. «Michael mangiava male, non aveva uno stile di vita salutare, non faceva sport», ha aggiunto Ben Ammar.

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