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Per la prima volta a Roma l'opera di Ligeti solo per adulti

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Certo, questo Le grand macabre con musica dello scomparso György Ligeti, era una delle punte di diamante della defenestrata direzione artistica di Nicola Sani. E ciò non solo per la qualità della musica, composta verso la metà degli anni Settanta e rappresentata a Stoccolma nel 1978, ma anche per la sinergia produttiva che vede l'Opera al fianco di istituzioni come il Teatro de la Monnaie di Bruxelles, la English National Opera di Londra e il Liceu di Barcellona. Liberamente ispirata alla pièce teatrale La ballade du grand macabre del belga Michel de Ghelderode, l'opera, in scena dal 18 giugno sotto la direzione musicale di Zoltan Pesko e la regia dì Alex Ollé della trasgressiva Fura del Baus spagnola (tra gli interpreti principali il grande tenore americano Chris Merritt) è un pastiche che occhieggia a diversi generi di teatro e musica dal music hall alle marionette, dal jazz al folklore non senza citazioni classiche, e ritrae le contraddizioni sociali del nostro tempo. Protagonista in un contesto apocalittico ma ironico è il Grand macabre, ovvero l'Angelo della morte Nekrotzar sempre presente nelle quattro scene dell'opera in due atti: i giovani amanti che si appartano in un sepolcro, l'astrologo Astradamors che uccide la moglie Mescalina, il palazzo del principe Go-Go che riceve lo scomodo ospite preannunciante la fine del mondo e infine di nuovo nel sepolcreto iniziale, come alla chiusura di un incubo. A differenza dell'originale letterario, l'opera lascia infatti aperta la soluzione se Nekrotzar sia un mistificatore o se sia stato tutto solo un brutto sogno. A tenere unite le quattro parti dell'opera solo una musica variegata, ricca di citazioni e rimandi ma concepita in un'ottica formale quasi unitaria (una esposizione, uno scherzo, un grande finale e la ripresa variata dell'esposizione). Eseguita più volte in diversi fortunati allestimenti (almeno sette nei primi anni tra cui una a Bologna nel 1979 diretta dallo stesso Zoltan Pesko ora sul podio a Roma) Le grand macabre si raccomanda per una scrittura sinfonica raffinata e sapiente e il tono argutamente grottesco e ironico. Intanto a sorpresa un comunicato dell'Opera annuncia straordinariamente che la visione è «consigliata a un pubblico adulto» come per certe pellicole osé. In scena difatti compare una gigantesca bambola nuda, brueghelianamente abitata da frotte di uomini che entrano ed escono dalle più impensate sue cavità intime. Ce n'è di che scatenare la bagarre in sala, sempre però che il pubblico degli abbonati non diserti lo spettacolo preferendogli il mare. Ma il messaggio è positivo: si può sconfiggere la morte, almeno momentaneamente. Quindi meglio godersi la vita, sinché si è in tempo.

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