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Lando pigliatutto

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Centocinquanta repliche finora. Ne mancano dieci alla chiusura della stagione, il 31 maggio. Ogni sera tutte occupate le 220 poltroncine rosse del «Puff», via Zanazzo, Trastevere. «Fanno 35.200 spettatori, per quest'anno», gongola Lando Fiorini, fresco come una rosa dopo la maratona che dura da novembre, con «Siamo tutti riciclati», lo spettacolo che ha fatto come al solito furore. Fiorini, ci spiega l'inossidabile successo? Prima regola, la gente non la freghi. Se bluffi, se ne accorge. Seconda regola: io reggo lo spettacolo, ma senza una squadra affiatata non avrei questi risultati. Già, la squadra. Quest'anno ci sono stati Loretta Rossi Stuart, Costanza Noci, Camillo Toscano. Come sceglie i partner? Tra le facce nuove. Mica mi posso permettere i divi. Sul palco ci sono io, che non mi costo niente. Quanto agli altri, sento qualche nome in giro, li chiamo. Li guardo in faccia, valuto come parlano. Prendere Costanza, per il secondo anno nel cast. "Famme sentì la voce", le dissi al primo incontro. Lei voleva salire sul palco e io: "No, qua, davanti alla scrivania". Andava bene, ha cominciato, è cresciuta, crescerà. Quanti sono diventati grandi con il Puff? Montesano, Nino D'Angelo, Leo Gullotta, Maurizio Mattioli, Fioretta Mari, Olimpia Di Nardo. E Lino Banfi, che ancora racconta di sé: "Fiorini prese il primo stronzo". In Italia non ci sono palestre per formare gli attori, io il vivaio lo faccio in casa. L'ultimo esperimento riuscito, Camillo Toscano. Lavora con me da sette anni. Ha le carte in regola per diventare un Montesano. Quando è arrivato qui era timido, mo' non lo ferma nessuno. Gli ho insegnato come Aldo Fabrizi ha fatto con me: "Sii naturale". Ci vuole talento, però. Ma se la squadra funziona, gira tutto bene. Ci divertiamo, in scena. Andiamo fuori copione, improvvisiamo. Una meraviglia. E il pubblico lo capisce. Cantattore, capocomico, impresario. Lando Fiorini va a gonfie vele senza aiuti pubblici. Le sovvenzioni me le hanno levate tutte. Ma vado avanti. Qui, al Puff, comincio alle 9 di mattina. Mi aiuta mio figlio Francesco e tutta la gente che lavora con me. La giornata è lunga. Alle sette di sera mi faccio un riposino, poi la recita. Torno a casa alle due di notte. Abito a Monteverde Nuovo, passo sempre per il Gianicolo. E mi fermo a sentire il gorgoglio del Fontanone. Sempre. D'estate spettatoli all'aperto, nelle piazze. Canto, accompagnato da pianoforte e chitarra. La prima serata a fine giugno. Mi vogliono i panettieri romani, per rilanciare la ciriola. Chi meglio di me sul palco? La ciriola con la mortadella era la mia consolazione, ogni notte, quando uscivo di casa per andare a lavorare. Ai Mercati Generali.

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