Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

«Il canto di Paloma» tra drammi e sentimenti

default_image

  • a
  • a
  • a

Lospunto, quel tremendo ventennio, fra il '70 e il '90, che insanguinò il Perù, con uno strascico raccapricciante di violenze e di stupri. È da quegli stupri che si parte e dalla perpetua angoscia, trasmessa attraverso il latte materno, che perseguitava i bambini di donne incinte mentre venivano stuprate. Uno di questi è Fausta, ora diciottenne, con una madre morente e orfana di padre perché gliel'ha ucciso la guerra. È quasi muta, però canta molto bene, improvvisando belle canzoni in linea con il folclore locale. Quando le muore la madre, da uno zio che le ha accolte tutte e due è richiesta di far presto a celebrarle il funerale perché ha una figlia prossima a sposarsi e non vuole che i due eventi si scontrino. Però Fausta non ha soldi e per procurarseli si fa assumere come cameriera in casa di un musicista in crisi creativa che subito le ruba tutto il suo repertorio di canzoni. Ma il denaro per il funerale non glielo anticipa... Un filo narrativo volutamente molto tenue. La regista lo dipana adagio, mettendo soprattutto l'accento sui silenzi e i disagi di Fausta così angustiata da quelle violenze che ha succhiato con il latte materno da aver finito per introdursi una patata nella vagina pensando così di evitarle. Attorno la vita pittoresca del quartiere nella periferia di Lima dove vive, con qualche nota di colore, con occasioni corali che però ci riconducono sempre alla insistita immobilità di quella figura centrale i cui momenti appena un po' marcati sono le canzoni che improvvisa a mezza voce. Con immagini, a sostegno, rese intenzionalmente quasi statiche da ritmi sospesi, spesso interrotti da soste al buio, all'insegna quasi soltanto del raccoglimento interiore, pur traversato, nello sfondo, dalle stravolte conseguenze di quei neri incubi prenatali. Li esprime, con una mimica quasi fissa, un'attrice, Magaly Solier, nota soprattutto in Perù per le sue doti di canto. Qui non le nasconde, ma vi privilegia il rifiuto quasi di ogni movimento e la rinuncia pressoché costante della parola.

Dai blog