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Il 25 aprile è anche nei versi di Achille

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Èdi Massimiliano Achille, autore di raccolte ispirate dalla cronaca, dalla storia («Ecco le lacrime che abbiamo versate» il primo verso di «Spettacoli televisivi», sull'11 settembre), ma anche dal sempiterno e sempre diverso input al canto che è l'amore. Di Achille, che affida i suoi componimenti anche alla musicalità del francese, scrive Dante Maffia nella postfazione alla raccolta «I tempi del tempo»: «C'è, nella sua poesia, quello strazio delle cose che passano e lasciano appena una bava, c'è l'inesorabilità del trascorrere delle ore e quindi il senso della perdita in cui si annidano la nostalgia e il languore...». Ecco, inedito, il suo «25 aprile». Perché mai odiare o giudicare / dovremmo quei giovani d'allora, / gli uni contro gli altri posti, / per fedeltà gli uni a giuramenti non fatti, / a grandi non meritevoli ideali fedeli gli altri / di Stato e di Patria. / Liberi gli uni come falchi senza falconiere, / scioltisi da forzati giuramenti / presto dimenticati nel nome d'idee / con entusiasmo ripetute: / libertà, democrazia, antifascismo; / legati gli altri dal sangue dei loro fratelli / pur troppo inutilmente versato / in una guerra insensata e persa; / votati gli uni alla vittoria, premiati dalla storia / e solo perciò meno a me cari degli altri, / quelli sconfitti, molto più nella memoria morti, / sepolti sotto il piombo senza pietà versato / di una collettiva ignominia. / Forse è venuto il momento di ricordare, / senza sospetto revisionismo politico, / cancellare, con un filo di coraggio, / almeno parte della loro doppia morte. R. C.

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