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U2 oltre la linea dell'orizzonte

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Per ritrovare e rinnegare se stessi, gli U2 si sono nascosti a Fez, la città imperiale del Marocco dove nel '92, tra i vicoli e i bazar della vecchia medina, avevano già girato il video di "Mysterious girl", tratto da quel capolavoro di elettrorock futuribile e spiazzante che era "Achtung baby". Il viaggio di ritorno in Nordafrica non è stato dunque casuale, perché il nuovo cd (in Italia esce venerdì) sembra la naturale prosecuzione di quel progetto, pur mostrando una cifra stilistica ancora indecifrata, enigmatica, inquieta come il cuore nero che vi batte dentro. "No line on the horizon" è un'enunciazione aperta sin dal titolo e dalla copertina, una foto zen di Hiroshi Sugimoto dove il cielo grigio e le acque si confondono, e la vista non può percepire un limite, un confine, forse neppure un approdo definitivo. Spiega Bono: «È come contemplare l'infinito con uno spirito ottimistico, dando un grande bacio al futuro». Per riprendere il pellegrinaggio c'è stato dunque bisogno di fare tabula rasa delle godibili ma comode circumnavigazioni attorno ai cliché rock-pop delle più recenti sortite discografiche della band, spazzando via le certezze musicali di una band che è in pista da 33 anni, e incamminandosi, appunto, in un terreno dove i miraggi possono devastarti l'anima e la sete creativa può non trovar ristoro. Ma ce l'hanno fatta, con in tasca solo la bussola ormai arrugginita di "Achtung baby" e in testa la convinzione di non voler ridurre il più formidabile gruppo del pianeta a un semplice passatempo per il leader del partito progressista globale. Bono è stato il primo a mettersi in discussione, lui che è stato capace di dialogare con Bush per un investimento da nove miliardi di dollari degli Usa sull'Aids nel Terzo Mondo e poi ha celebrato l'arrivo di Obama con il concerto al Lincoln Memorial; lui che è riuscito a sedersi con un cappello da cowboy al tavolo del G8 e a diventare socio d'affari di Bill Gates trattando sugli Ipod marchiati U2 con Steve Jobs; lui che riesce a farsi chiamare in casa "Sir" dall'amata moglie Ali senza farsi cacciare dopo le scappatelle con Penelope Cruz; lui che ha contribuito più di ogni altro alla rinascita dell'immagine di Dublino pagando però le tasse in Olanda: Bono la rockstar esorbitante, tignosa e sempre sulla soglia dell'autocaricatura, è riuscito a rimettersi in linea con i tre sodali, a lasciar affondare la propria voce nel muro di suono creato da Edge, Larry e Adam, grazie anche all'artigianato sontuoso di tre produttori "extraordinaire" come Brian Eno, Daniel Lanois e Steve Lillywhite, che conoscono a menadito gli anfratti in cui gli irlandesi cercano le fonti della propria musica. «No line on the horizon» è un album che renderà memorabili e travolgenti i concerti della prossima tournée mondiale, che partirà da Barcellona alla fine di giugno e passerà per l'Italia con due date a San Siro, presumibilmente il 6 e l'8 luglio. Queste canzoni sono state concepite per saldare - nella spiegazione di Bono - «la percezione del mondo da un punto di vista periferico, nel tempo spaventoso e stupefacente in cui si sveglia restando immerso in una crisi epocale» con «una serie di epifanie intime, dove smetto di narrare di me stesso e mi calo in una serie di personaggi casuali». Nessuno fra gli undici brani (dopo Fez, le registrazioni sono avvenute a Dublino, New York e Londra) mostra un percorso predefinito e prevedibile: ad ogni istante il suono attraversa una metamorfosi, affronta un passaggio ignoto ma ineludibile. Musica potente ed elusiva, a tratti tormentata ma non irrisolta, stratificata eppure in alcuni momenti priva di peso. La vertigine di "Magnificent" e l'euforia dinamica di "Unknown caller" sembrano aderire empaticamente al mood nervoso e virile di "Breathe" come al sogno liquido di "White as snow"; e l'elegiaca quanto drammatica "Cedars of Lebanon" (un omaggio al genio di Hendrix, confessa Edge) si lega senza sforzo all'autoironia di "Stand up comedy". Il divertissement techno-sexy del primo singolo "Get on your boots" non stona accanto al gioiello luminoso di "Moment of surrender" (un elettrogospel cifrato che secondo Eno occupa emotivamente il posto che in "Achtung baby" era stato dell'immensa ballata "One"). Ci sono voluti due anni di lavoro per arrivare in fondo a "No line on the horizon". Per scoprire, forse, che l'universo dell'ispirazione U2 è circolare, ma illimitato.

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