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«Ogni battuta è di fatto una presa di posizione»

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Privilegia la satira sociale rispetto a quella politica? «Non me la prendo con il politico specifico, se non con qualche battuta en passant su Tremonti, Sarkozy e Di Pietro che fanno sempre ridere. Ogni forma di satira è di fatto una posizione politica anche se si dimostra non strumentale, infatti non mi interessano gli obiettivi partitici od organici. Mi sembra più attuale e necessario affrontare un discorso sull'etica che riguarda tutti, piuttosto che sbeffeggiare chi ti fa da editore come molti comici». Con chi se la prende soprattutto? «Con la legge morale senza sapore che diventa presuntuosa e noiosa, ma anche con la sua assenza. Dobbiamo imparare a usare gli strumenti che facilitano la nostra vita e a non esserne usati. Sono nato nel Novecento e rotti, più rotti che altro come siamo noi, e cerco di aggiornarmi: adopero il computer e non lo sfascio come Grillo! Sono venuto al mondo il giorno della proclamazione della Repubblica. Provoco il pubblico, obbligandolo a tenere il cellulare acceso, al contrario di come si fa a teatro di solito, e sperimento il coinvolgimento diretto della gente». Il teatro vincerà la sua sfida con la televisione? «È l'ultimo baluardo di resistenza umana e professionale, la trincea in cui si sono asserragliati gli attori. Il pubblico cresce perché ha la nausea di programmi con dilettanti allo sbaraglio, gare di canto e ballo, provini e giochi a premi».

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