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De André poeta, la pigrizia della scuola italiana è la fabbrica di luoghi comuni

De Andrè

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Il che significa che ho messo in crisi un luogo comune: De André grande poeta. Avevo solo affermato che un cantautore come De André, o come Vasco Rossi, ha uno specifico diverso per molti motivi da quello della poesia, anche se tendiamo a chiamar tutto "poetico", dai gol di Kakà a certi sughi della nonna. De Andrè come tanti altri ha scritto tanti testi con momenti di valore poetico, anche se Dalla o Vasco mi paiono più interessanti. È riduttivo per i cantautori volerli etichettare poeti come fosse una "promozione". Qui sì vedo un atteggiamento accademico e parnassiano -cose di cui, bizzarro, m'accusa Mannucci. Non si tratta di promuovere né di abbassare. Nell'Italia del secondo '900 i poeti di valore e futuri sono altri: Caproni, Luzi, Pasolini, Bertolucci, Sereni, la Rosselli, Zanzotto, Testori (e Montale e Ungaretti che scrissero fino agli anni '70). E ora tanti altri. Se non li si conosce molto è per pigrizia di giornali, scuola e mondo culturale. Non basta citare (senza forse intenderne la forza ironica) un verso di Eliot degli anni 20, come fa Mannucci, per fermare la storia della poesia. Il mio voleva essere anche un invito a conoscere i veri poeti. E credo che De Andrè approverebbe, più che la coorte dei difensori dei luoghi comuni.  

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