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SETTE ANIME, di Gabriele Muccino, con Will Smith, Rosario ...

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Tutto infatti è triste, cupo, infelice, non solo senza lieto fine (e a Hollywood...), ma senza nessuna letizia fra le pieghe di una vicenda che sembra dipanarsi solo all'insegna della malinconia. Una malinconia, però, e qui è il merito, costruita con straordinaria abilità quasi soltanto in cifre di mistero o, comunque, di temi sospesi, fra interrogativi da sciogliere, situazioni tenute a bella posta in continue zone d'ombra e destinate a chiarirsi solo all'ultimo. Si comincia con un giovanotto, Will Smith, appunto, che, presentandosi come un funzionario dell'Agenzia delle Entrate, contesta via via a varie persone il mancato pagamento delle imposte. Lo fa però senza acredine, anzi, con un certo distacco, finendo per tranquillizzare tutti quelli che son scritti in una sua lista, garantendo loro che le cose si aggiusteranno. Una di queste persone, però, è una ragazza (anche lei di colore come Will Smith) che risulta affetta da una cardiopatia che necessita addirittura un trapianto, non molto probabile perché il suo gruppo sanguigno è dei più rari. Nei suoi confronti il giovanotto si rivela presto meno distaccato di come si comportava con gli altri, che finiscono per risultare solo una sua occasione di far del bene a freddo. Addirittura se ne innamora, pur con quella spada di Damocle che grava sulla testa di lei e nonostante si finisca per intuire che anche lui, forse, è atteso in qualche modo dalla morte... Tutto dosato con finezza, affastellando, ma con molto ordine, i veri significati di quei gesti e scoprendone solo gradualmente i moventi reconditi. Fino quasi al «giallo», ma all'interno di una trama fitta non solo di sorprese ma di sentimenti. Evitando comunque il patetico, anche quando si calca con insistenza sul pedale della commozione, e con una regia, tecnica ma anche stilistica, che ci rivela Muccino sempre più padrone dei mezzi espressivi del cinema. Vincendo, con il loro impiego saliente, persino una pagina piuttosto incongrua di un suicidio con... medusa. Will Smith lo asseconda con partecipazione sempre maggiore. Se rimarrà a Hollywood finirà per diventare per lui quello che era Mastroianni per Fellini.

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