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«Stare fuori», tra amore folle senza età, sesso disperato e morte

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Approdando, però, a risultati difficilmente da definirsi compiuti. In Sicilia un ragazzo e una ragazza, Giulio e Aurora. Si amano, ma a lei la provincia in cui vive va stretta e fugge a Roma senza più dare notizie di sé. Giulio la imita, con la scusa dell'università, e viene accolto in casa di un'amica di sua madre, Rosalia, che ha perso un figlio da poco e ne è ancora distrutta. Mentre però Giulio si perde fra i peggiori ambienti di Roma alla ricerca di Aurora, lei, grazie alla sua presenza emerge dal suo lutto prima con cuore materno poi andando oltre, fino a una impennata erotica che la porterà al suicidio. Mentre Giulio, trovata Aurora proprio in quei torbidi giri in cui si era lasciato coinvolgere, si ritroverà alle soglie di un dramma da cui, forse, non riuscirà più a venir fuori. Una ossessione. Con passioni esasperate, tenute spesso in difficile equilibrio fra l'immaginazione e il mondo reale. Il linguaggio per un verso si tiene al concreto, con situazioni di sapore immediato, anche crudo, per un altro tende all'omerico, facendo procedere l'azione sulla spinta di occasioni cui intenzionalmente si negano riferimenti a fatti concreti. Con il gusto di una ambiguità che, in più punti, si fascia di note oscure, ostiche da decriptarsi. Suscitando reazioni perplesse specie quando nelle intenzioni un po' contorte dell'autore si fanno strada varie contraddizioni, narrative, soprattutto, ma anche stilistiche. Si torni pure al melodramma, ma rispettando la logica e la chiarezza. Fra gli interpreti cito in primo luogo Guia, Jelo, nel personaggio turbato e stravolto di Rosaria che prima in Giulio si immagina di aver ritrovato un figlio e poi cede a insane emozioni. Espresse con lacerante furore. Ivo Micioni ricrea con segni forti gli incubi di Giulio, Nausicaa Benedettini ci ripropone le due facce di Aurora.

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