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«Gomorra» candidato dall'Italia per l'Oscar Garrone: il mio film sulla metafora globale

Una scena di Gomorra, di Matteo Garrone

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Poi, il regista Matteo Garrone, ieri designato a rappresentare l'Italia agli Oscar per il miglior film straniero (oltre che agli Efa, gli oscar europei), con l'omonimo film ha incassato in Italia più di 10 milioni di euro ed è uscito con buon successo in altri paesi esteri, mentre al festival di Cannes ha vinto il Grand Prix della giuria. Potere, soldi e sangue: «Gomorra» è un viaggio nel mondo affaristico e criminale della camorra, «un film di guerra ambientato nel 2007 a 150 chilometri da Roma», secondo le prime parole usate dal regista. Girato nei luoghi più degradati delle periferia napoletana, la pellicola, con immagini crude e alta tensione, racconta la potenza della camorra infiltrata nella realtà del territorio. Tra i protagonisti, Toni Servillo, che interpreta un personaggio coinvolto nel giro dei rifiuti tossici esportati dal Nord al Sud; Salvatore Cantalupo, nel ruolo del sarto che si vende ai cinesi; Gianfelice Imparato, cassiere dei camorristi; la cantante Maria Nazionale e molti ragazzi che Garrone ha scelto tra gli abitanti del desolante quartiere delle Vele, tra cui i due giovani «spacconi» Marco e Ciro. Prodotto dalla Fandango, in collaborazione con Rai Cinema e Sky, realizzato con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il film è distribuito da 01. «La notizia di oggi mi fa ovviamente grande piacere, ancora di più sapere che è stata all'unanimità. La soddisfazione di questo momento - ha detto Garrone - voglio condividerla con tutti: il cinema è un'arte collettiva e come tale va intesa in occasioni piacevoli come questa. Mi piace ricordare il gioco di squadra di "Gomorra", da Roberto Saviano agli attori, ai produttori, all'ultimo della troupe. Nonostante la lingua, non è solo un film su una problematica locale ma una metafora globale». Gli eventi di questi giorni e la strage a Castelvolturno hanno fatto tornare di attualità ancora di più Gomorra, «ma il film, sottolinea Garrone, si presta a varie letture, quella della cronaca è solo una, e francamente quella che mi ha sempre interessato meno. Sin dall'inizio la mia scelta è stata diversa e opposta a quella presa da Saviano. Il film non è un'inchiesta, nè una denuncia, ma può aiutare a capire certi fenomeni, sempre in funzione del conflitto umano dei personaggi ed è questa a mio parere la sua universalità».  

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